Il nuovo libro di Andrea Angeli, in anteprima nella capitale lunedi 9 maggio. L’appuntamento è alle 18.30 nella Galleria del CembaloPalazzo Borghese – L.go Fontanella Borghese 19. Modera Guido BARENDSON.

Per capire di cosa si tratta, ovviamente, dovete andarlo a leggere. Qui vi diamo solo una anticipazione di quanto ha scritto Bernardo Valli, nella prefazione. Parole che ritraggono bene l’autore e la sobria classe che lo accompagna dai teatri più diffcili del pianeta a Roma.

 Andrea Angeli si muove nei conflitti armati come un ospite  educato e di riguardo nei ricevimenti della buona società. Non ricordo bene se l’ho incontrato per la prima volta a Sarajevo, quando i serbi la bombardavano o la tenevano sotto il tiro dei cecchini, o su una strada di Nassiriya quando i soldati di Saddam continuavano col terrorismo la guerra che avevano appena perduto. Negli anni successivi, con garbati messaggi, ha offerto di ospitarmi,  a nome di chi lo impegnava al momento, in luoghi ameni come l’ Afghanistan. E l’ha fatto come se mi invitasse a Montecarlo o a Cortina. D’altronde le sue chiamate non hanno bisogno di molte spiegazioni, se si fà  vivo puoi star certo che la storia notevole da raccontare dalle sue parti c’è (mi viene in mente un pattugliamento a piedi nel cuore della notte tra le viuzze di Nassiriya con i suoi amici ufficialoni carabinieri paracadutisti Leso e Burgio).
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    Penso che Angeli riesca a conciliare due virtù  non sempre affiancabili: più che la gentilezza direi il garbo e l’ affidabilità più ancora del coraggio, che può essere grezzo. Su di lui, insomma, si può contare.
 
    Capita di imbattersi in lui, in Italia,  quando è in attesa di una missione o riprende il fiato con una vacanza nel corso di una missione pesante. E si ha spesso  l’impressione che non arrivi da Herat o da Mogadiscio ma da un torneo di tennis a Southampton. Vorrei sorprenderlo almeno una volta con una camicia o con un paio di pantaloni che non siano quelli giusti. Quel che mi stupisce è soprattutto il fatto che non si comporta mai da reduce. Non si dilunga  in racconti di guerra, né si sofferma sulle sue vicende personali.  I suoi libri assomigliano alle cronache di un (sempre giovane e stravagante) gentiluomo che gira il mondo preferendo ai luoghi balneari alla moda  le contrade pericolose. In cui lui spicca perché di solito è il solo civile in un mare di tute mimetiche, ed è anche il solo a non essere armato. Forse capita che abbia la cravatta.
 
    Quello stile, insieme all’esperienza di teatri infuocati – utilissima di questi tempi – lo ha portato al ministero degli Esteri col suo illustre collega senior Staffan de Mistura. Una ventata di aria fresca e idee allargate nella vetuste stanze della Farnesina. E non è forse un caso che a occuparsi di una vicenda tanto spinosa quale quella dei marò – sei giorni dopo, quando i danni erano già stati fatti – siano stati chiamati due stranieri in patria delle Nazioni Unite. Tanti hanno pontificato sulla questione, guardandosi però bene dal metterci le mani (tantomeno la faccia).
 
    Nel capitolo IV di questo libro   Andrea Angeli evita di dare troppa importanza a quel che fa. Non è modestia. Lui non è modesto. E’ nel suo carattere considerare il lavoro che fa una normale occupazione. Non che abbia pensato di farlo quando era un adolescente, come capita a un medico o a un avvocato,  e quindi si senta adesso appagato. La professione del polad, del  political adviser, non rientrava  nei sogni di un ragazzo quando Andrea portava i calzoni corti.
 
    Un polad come lui ha una posizione particolare nei corpi di spedizione. Non è una condizione necessariamente prestigiosa, né particolarmente ambita,  sottolinea Angeli. Ma riconosce che ha un suo fascino. Il political adviser assiste il comandante del contingente militare al quale è stato assegnato, nei principali temi di carattere civile e diplomatico che investono la missione.
 
    E’ un incarico tipicamente anglosassone che i militari italiani hanno adottato più tardi. Penso che la  natura asimmetrica dei conflitti attuali l’abbia reso indispensabile. E sia tale nelle missioni dell’ ONU, in cui i rapporti con la società del paese in cui i caschi blu operano, sono essenziali. Si intende per conflitto asimmetrico quello che mette a confronto un esercito tradizionale a un movimento irregolare  ispirato da motivazioni politiche, ideologiche legate alla storia e alla società del paese. Il political adviser ha anche il compito di rendere decifrabile ai militari quel mondo. Non sarà un’ attività prestigiosa, come dice Andrea Angeli, evitando di prendersi troppo sul serio, ma è certamente intelligente, Come lo è questo libro, che tratta argomenti pesanti con elegante leggerezza.

Alla presentazione, a Roma, interverranno: S.E. Hassan ABOUYOUB, Ludina BARZINI,Vincenzo CAMPORINI, Amedeo DE FRANCHIS, Lucia GORACCI.

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Dello stesso autore: PROFESSIONE PEACEKEEPER, da Sarajevo a Nassiriyah storie in prima linea   (Rubbettino 2005) – prefazione di Gianni Riotta

SENZA PACE, da Nassiriyah a Kabul storie in prima linea   (Rubbettino 2011) – prefazione di Enrico Mentana

 

 

 

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