Giovedì 21 luglio, alle 18.30, i ricordi del Premio Strega con La Capria, vincitore 1961, Petrocchi e Ippolito alla mostra fotografica di Carlo Riccardi (Biblioteca Rispoli)

Correva l’anno 1961. Il Premio Strega giunge alla quindicesima edizione. Raffaele La Capria, in partenza non considerato favorito, lo conquista con “Ferito a morte” battendo in finale Natalia Ginzburg e Giovanni Arpino dopo aver già messo fuori gioco Leonardo Sciascia e Lalla Romano.
Alle 18.30 di giovedì 21 luglio 2016, esattamente 55 anni e 15 giorni dopo la vittoria, La Capria e Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci promotrice dello Strega, insieme allo scrittore Roberto Ippolito, giurato in qualità di Amico della domenica, scavano nei ricordi del riconoscimento letterario italiano più importante.
Raccontano gli anni d’oro del Premio in occasione della mostra fotografica del maestro Carlo RiccardiVita da Strega”, alla Biblioteca Rispoli, in Piazza Grazioli 4 a Roma (aperta fino a sabato 30 luglio). È un appuntamento unico per godere contemporaneamente delle testimonianze sulla vita e sui retroscena della manifestazione e delle suggestive immagini in bianco e nero che immortalano emozioni e modi di essere dei protagonisti.
C’è una singolare coincidenza: La Capria, chiamato affettuosamente Dudù, e Carlo Riccardi sono nati entrambi il 3 ottobre. Il primo nel 1922, il secondo nel 1926. Stanno quindi per compiere, rispettivamente, 94 e 90 anni. Nella mostra, curata da Maurizio Riccardi e Giovanni Currado e nata da un’idea di Roberto Ippolito, lo stesso La Capria è ritratto e non solo con in mano l’assegno ricevuto da un milione di lire.
Il suo libro ha lasciato il segno, anche se la vittoria è avvenuta con un solo voto di vantaggio rispetto sia a Fausta Cialente che ad Arpino e grazie all’arrivo in ritardo di una scheda inviata per posta. Delle vicende di quell’anno incredibile e non solo di quell’anno parla Stefano Petrocchi, fra l’altro autore del libro “La polveriera”, pubblicato da Mondadori, che definisce lo Strega “da sempre un formidabile contenitore di storie, perlopiù a sfondo giallo”, ma, “beninteso, non il giallo oro che lo zafferano dona all’omonimo liquore dal sapore dolce e speziato”, sponsor sin dalla prima edizione del 1947 vinta da Ennio Flaiano.
A cominciare proprio dall’arguto Flaiano, con le fotografie di Carlo Riccardi (esposte in seguito alla paziente opera di ricerca e recupero dai negativi originali dell’Archivio Riccardi) vengono proposti gli “anni d’oro del Premio” dall’istituzione fino al 1971 e sfilano l’impeccabile Pier Paolo Pasolini, un giovanissimo Umberto Eco, l’attraente Elsa Morante, l’annoiato Alberto Moravia, tanti altri scrittori e i partecipanti alle serate delle votazioni come gli attori Alberto Sordi o Claudia Cardinale o il pittore Renato Guttuso.
Alla Biblioteca Rispoli, a pochi metri da Piazza Venezia nelle ex scuderie del quattrocentesco Palazzo Doria Pamphilj, vengono dunque ricostruiti con Ippolito i momenti salienti del Premio, di cui è regista Petrocchi, fino all’ultima edizione vinta da Edoardo Albinati, con “La scuola cattolica”, edito da Rizzoli. La Rispoli fa parte delle Biblioteche di Roma, il cui commissario Paola Gaglianone giovedì 7 luglio ha inaugurato la mostra con Antonio Debenedetti, finalista nel 1991 e nel 2001, e Ippolito; è intervenuto anche il critico Filippo La Porta.
Il Premio è animato dagli Amici della domenica, chiamati così per il giorno delle loro prime riunioni nel 1944. Sono loro il corpo elettorale da sempre: si tratta di quattrocento esponenti del mondo culturale che ogni anno, con due successive votazioni a Roma, scelgono il libro di narrativa vincitore.
“Vita da Strega” è anche un libro, presentato in anteprima nel corso dell’inaugurazione della mostra, dal titolo “Gli anni d’oro del Premio Strega – Racconto fotografico di Carlo Riccardi” (Edizioni Ponte Sisto). Il volume a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, raccoglie una selezione di oltre 90 foto, una sintesi più ampia della raccolta presente all’interno dell’Archivio Riccardi, e si conclude con il commento di Stefano Petrocchi. 

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