Farid Adly, brillante giornalista libico, attivista per i diritti umani e per l’affermazione della democrazia, racconta il Corano iniziando dalla sua “prima volta” per addentrarsi poi nel contesto sociale del messaggio musulmano, la riforma delle istituzioni teologiche islamiche, il difficile equilibrio tra resistenze e necessità.

“Il mio primo incontro con il testo coranico è avvenuto all’età di cinque anni, quando mio padre mi accompagnò dall’imam della moschea, vicino casa. Non sapevo ancora né leggere né scrivere. Vestiti e scarpe nuove, per l’occasione. Ho ancora impressa nella mente la faccia sorridente e attorniata da una folta barba bianca dell’anziano imam; Said si chiamava, che significa Felice. Mi ha subito consegnato una tavola di legno coperta da uno strato di argilla. Mi ha condotto in un atrio, sotto un colonnato luminoso, dove c’erano tantissimi bambini, ciascuno con la sua tavola…”

E’una storia di quattordici secoli fa ma rimane un cogente argomento di attualità perché dipende dall’interpretazione di questi versi la direzione intrapresa da un quarto dell’umanità. Il Corano è il libro sacro per un miliardo e seicento milioni di persone, rivelato dall’Arcangelo Gabriele. Per molto tempo è stata impedita la sua traduzione in altre lingue, divieto servito a favorire la diffusione della lingua araba nelle regioni conquistate.

Il libro racconta in un linguaggio semplice (Farid Adly collabora con il Corriere della Sera, Radio Popolare, Il Manifesto e L’Unità), indirizzato a tutti,  tre livelli: invito alla nuova fede, ammonimento e riferimenti storici.  Un’occasione preziosa per conoscere una scrittura di cui tutti parlano ma che pochi (italiani) realmente conoscono. “Questo libro non è diretto agli specialisti, ma ad un pubblico che vuole conoscere. Non so chi abbia detto che la conoscenza sconfigge la paura. Io credo fermamente in tale concetto”.

Sulla questione delle donne, l’autore dice chiaramente che “in diversi versetti si intravedono elementi di uguaglianza tra uomo e donna, come per esempio “O esseri umani, vi abbiamo creato maschio e femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù affinché vi conosceste a vicenda. Per Dio, il più nobile di voi è colui che più lo teme”. Ma di questo pronunciamento generale non discendono conseguenti regole e norme per la vita quotidiana. In diversi ambiti della convivenza comunitaria (matrimonio, eredità, ruolo sociale, sessualità e indipendenza economica…) notiamo un continuo martellamento sulla sudditanza della donna al potere del maschio…Si innalza, senza alcun nesso logico, la diversità biologica e fisiologica ad un livello etico e sociale, giungendo cosi a delle conclusioni strampalate che offendono l’intelligenza e negano diritti umani oramai riconosciuti, sulla carta, da molti paesi musulmani”.

Tina Bottani

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