Per molti anni ci siamo posti due domande sul tema della salute e della malattia. Queste domande sono: «Perché questa malattia?» e «Perché proprio a me, adesso?» Abbiamo cercato risposte sensate in vari ambiti e discipline. Ci siamo affidati alle scienze, alle meditazioni, alle medicine alternative: nessuna risposta è mai parsa sufficientemente credibile e consistente. Soprattutto, nessun modello ha resistito a dubbi legittimi e a verifiche concrete.

Attraverso le Biocostellazioni troviamo finalmente risposta a questi due quesiti. Una risposta che è sì individuale e particolare: ciascun individuo è unico e irripetibile. Ma, al contempo, è verificabile sul piano universale, vale a dire che è universalmente sensata e riproducibile. Il che significa: a parità di cause, i sintomi che si riscontrano sono gli stessi. Ma quali cause?

Anche qui ne abbiamo sentite di tutti i colori: cellule impazzite, “sistemi immunitari” che vanno in tilt e producono malattie cosiddette autoimmuni, sostanze nocive, inquinamento, radiazioni elettromagnetiche, alimentazione sregolata, persino cause karmiche o semplicemente un destino avverso.

Ampliando la visione fino a includere i due livelli, biologico e sistemico, le Biocostellazioni ci hanno consentito di verificare, su migliaia di casi, che ogni malattia ha una e una sola causa, e dunque una e una sola possibile soluzione.

Una causa sempre biologica?

Questa causa è sempre biologica, cioè adattativa (la biologia prevede dei programmi speciali in reazione a shock e spiazzamenti che colgono in contropiede). Questo all’interno di un adattamento personale, sullo sfondo di uno schema, familiare-sistemico. Per dirla diversamente, il nostro sintomo si sviluppa quando un evento o una situazione ci spiazzano e innescano in noi una reazione che abbiamo appreso nel nostro ambiente primario e che abbiamo ricevuto dai nostri genitori e antenati come parte del loro patrimonio d’informazioni e condizionamenti.

E possibile che dal nostro amato nonno abbiamo ricevuto non solo gli occhi azzurri, ma anche l’irascibilità: il reagire “con rancore”, o il sentirci minacciati nel nostro territorio (asma bronchiale). E che da nostra madre abbiamo appreso non solo le buone maniere, ma anche il farci carico di questioni e circostanze ben al di fuori del nostro campo di responsabilità. Usando un linguaggio biologico, siamo “rancorosi” e quindi “gastrici”, ossia asmatici come il nonno e ipertiroidei come la mamma.

Qui osserviamo che c’è un corto circuito tra gli eventi spiazzanti e il codice familiare: è quasi come se il nostro schema familiare ci addestrasse e ci indirizzasse verso quelle situazioni ed esperienze che sviluppano e favoriscono i sintomi che già conosciamo. Per questo motivo molti di essi divengono cronici ed entrano a far parte del nostro modo di essere. La condizione non può cambiare se prima non cambiamo noi. Tendiamo a ricreare le situazioni, e quindi i conflitti e i sintomi cui siamo abituati fin dai primi giorni di vita. In altre parole, incontriamo solo ciò che conosciamo già e con cui abbiamo già strutturato uno schema conflittuale.

Una bambina

Una bambina che fin da molto piccola inizia a prendersi cura della propria madre, con un processo che viene definito simbiosi inversa, avvia un vero e proprio “protocollo tiroideo” perché da subito avrà bisogno di molta tirossina per occuparsi di sé e della propria mamma, per afferrare ciò che può essere utile (aumento di funzione del lobo destro della tiroide) e scansare ciò che costituisce un pericolo (aumento del lobo sinistro). In questo schema in cui lei sente di dover fare tutto da sola, di doversi far carico del mondo intero, finirà con lo scegliere un lavoro e un partner con cui ripetere questo schema. Troverà una professione (come l’infermiera o l’insegnante) in cui spesso le viene richiesto qualcosa che va molto oltre i suoi limiti, e un uomo con problemi e pesi sulle spalle, se non addirittura malattie o dipendenze.

La sua tiroide la assisterà fino a che il limite imposto dal corpo glielo consentirà. Fino ad oggi, senza una comprensione logica e biologica, abbiamo ragionato in termini di disfunzione e di malattia. Con questo livello in più, osserviamo che la soluzione non può essere solo farmacologica o psicologica. E necessario prima invertire quella simbiosi inversa e riportare quella bambina, e oggi quella donna, entro i confini del suo ruolo di figlia ed, eventualmente, partner, lavoratrice, mamma. Abbiamo potuto vedere molte guarigioni spontanee da sintomi relativi alla tiroide, solo alleggerendo il carico personale e modificando il proprio atteggiamento di salvataggio collettivo.

In altri ambiti, abbiamo potuto assistere a come, semplicemente, il sintomo fosse al servizio di un momento di particolare emergenza: si pensi ad esempio all’imprenditore che si fa in quattro per tenere insieme l’azienda di famiglia, tra cartelle esattoriali, pignoramenti, stipendi da pagare, conti da far quadrare. A livello biologico, tutti bocconi vitali da incamerare (rimborsi, esenzioni, finanziamenti) e “bocconi” velenosi da espellere (sanzioni, tasse, istanze di fallimento, ecc.). È a questo punto che si avvia quella fisiologia straordinaria che la natura ha previsto, in milioni di anni di evoluzione, per sostenere l’uomo nel suo difficile e delicato percorso di adattamento e sopravvivenza.

Diversamente da altri approcci, qui abbiamo anche una spiegazione scientifica: non vi è nulla che il corpo faccia che non sia utile all’evoluzione e alla sopravvivenza. Tutto il contrario rispetto a quello che sentiamo dire da sempre e costantemente. Per fortuna abbiamo un modello reale, verificabile, che ci consente di misurare e comprendere i fenomeni. Possiamo così uscire da un modo di pensare decisamente medievale. Infatti, non ce molta differenza nel sostenere che una patologia ha una causa autoimmune o un’eziologia sconosciuta, rispetto a quanto si diceva qualche secolo fa, vale a dire che ci si ammalava per degli umori maligni o degli spiriti malvagi. Del resto nella medicina moderna si fa ancora largo ricorso alle categorie di benigno e maligno, di fortuna e sfortuna, di guarigione “miracolosa” o di malattia “troppo grave”: purtroppo sono state diffuse in veste di criteri scientifici, quando – con ogni evidenza – non sono che il frutto di mere supposizioni.

Questo testo è estratto dal libro “La Malattia come Relazione Sospesa”.

A cura del Giardino dei Libri

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