Siamo  andati fino a Rossano, in provincia di Cosenza, per scoprire il prezioso originale manoscritto greco, risalente addirittura al VI secolo, conservato nel Museo diocesano. E’un patrimonio dell’umanità protetto dall’Unesco per il suo inestimabile valore. Basti pensare che solo per il trasferimento da Roma, dopo quattro anni di restauro, a Rossano, l’assicurazione stabilì un valore simbolico di 80 milioni di euro.

Il Codice si chiama  “Purpureus” perché le pagine di pergamena sono rossastre (in latino purpureus). Come vedete, è impreziosito da una serie di miniature che ne fanno uno dei più antichi manoscritti miniati del Nuovo Testamento conservatisi fino ad oggi. Nel mondo esistono quattro Codici. Gli altri tre si trovano a Vienna (la Genesis), San Pietroburgo (il Codex Petropolitanus purpureus), Tirana (il Codex Beratinus purpureus) e Parigi (il Codice Sinopense): è davvero incredibile come un piccolo centro come Rossano possa competere con tali grandi città nella conservazione di un tesoro tanto prezioso.

Come arrivò dunque il Codex dalla Siria a Rossano, in provincia di Cosenza? Probabilmente lo portarono i monaci greco-orientali emigrati dalla Siria nel VII, a causa del primo iconoclasmo. Esiste anche una seconda ipotesi: potrebbe essere stato un nobile aristocratico della corte di Bisanzio a portarlo a Rossano. Il mistero circonda la nascita del Codice: non ci sono elementi per poter stabilire con sicurezza la data, il luogo in cui fu realizzato e come arrivò a Rossano. La maggior parte degli studiosi, basandosi sullo stile del manoscritto, concordano sul VI secolo e ipotizzano che sia nato   forse ad Antiochia.

Il restauro durato quattro anni ha dimostrato come il Codex, con i suoi quindici secoli di vita, sia forse il più antico libro illustrato della storia. Più di due anni di indagini e di analisi nei laboratori romani ne hanno confermato il valore.   Un tesoro prezioso che nel 2013 fu sfogliato sotto gli occhi di Papa Francesco e dell’allora presidente Napolitano.  Un primo restauro fu realizzato negli anni Cinquanta quando fu rilegato.
Cosa contiene il famoso Codex? L’intero Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco, del quale  mancano solo i versetti 15-20  ed  una parte della lettera di Eusebio a Copiano sulla concordanza dei Vangeli. Non si sa chi siano stati gli autori di tale gioiello. In origine conteneva tutti e quattro i vangeli canonici, come si evince dalla prima miniatura che contiene i simboli dei quattro evangelisti, ma dei 400 fogli di pergamena lavorata a mano a noi ne sono arrivati 188, di dimensioni 31×26 cm. E’scritto in greco (era l’inglese di quei tempi, cioè la lingua comune a tutti) su due colonne di venti righe l’una, con parole separate (si dice che sono in scriptio continua): mancano accenti, spiriti e, se escludiamo il punto, mancano anche i segni di interpunzione, eccetto il punctum che segna il passaggio da un periodo all’altro.  Le prime tre righe di ogni colonna (che costituiscono l’incipit dei Vangeli) hanno i caratteri   in oro, mentre il resto è in argento.

Le straordinarie miniature del Codice sono quindici. Dodici raccontano episodi della vita di Cristo, una riproduce il Canone della concordanza degli evangelisti (IX) , mentre l’ultima (la quindicesima) è forse la più preziosa ed è un ritratto di Marco. La prima tavola rappresenta la risurrezione di Lazzaro, la seconda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, la terza la cacciata dei venditori dal tempio, la quarta la parabola delle dieci vergini, la quinta l’ultima Cena e la lavanda dei piedi, la sesta la comunione col Pane, la settima la comunione col Calice, l’ottava Gesù nell’orto del Getsemani, la nona la guarigione del cieco nato, la dodicesima  la parabola del Buon Samaritano, la tredicesima Gesù davanti a Pilato e pentimento di Giuda, la quattordicesima il tribunale di Pilato ed il confronto Gesù- Barabba, la quindicesima l’Evangelista Marco.  Fuori testo sono da considerare le Tavole 9 (Frontespizio delle tavole dei Canoni) e 10 (la lettera di Eusebio a Carpiano in cornice dorata e decorata con fiori ed uccelli). Le miniature sono accompagnate in calce da cartigli descrittivi, che illustrano i momenti più significativi della vita e della predicazione di Gesù. Preziosissime sono le rappresentazioni della figura di Pilato, raffigurato per la prima volta nella storia come un giudice canuto, assiso sulla “sella curulis” nell’atto prima di ricevere il Cristo e poi di pronunciare la sentenza della condanna a morte al notarius. Nella miniatura che vedete in foto, ecco la prima scena dell’inizio del processo mai rappresentata nella storia dell’umanità: si vede Gesù a sinistra in piedi, mentre Pilato è seduto al centro; alle sue spalle due giovani reggono dei bastoni d’oro con placche rettangolari raffiguranti dei ritratti. Cristo fissa il sacerdote Caifa, mentre il sacerdote Anna, che compare con capelli e barba nera, formula le accuse. Dalla parte opposta si trovano cinque uomini immobili che guardano Cristo.  Sotto la scena del processo è riprodotto il pentimento di Giuda: a sinistra la scena in cui restituisce i trenta denari ai sacerdoti e il loro rifiuto. A destra, il corpo di Giuda appeso ad un albero.

L’altra miniatura che vedete nella foto ritrae scene della guarigione del cieco. Nella prima, a sinistra, Gesù  seguito da Andrea e da un discepolo più giovane, incontra il cieco che si regge a mala pena poggiandosi su un lungo bastone: l’uomo tocca la mano destra di Gesù e la porta verso i propri occhi. Nella scena a destra, il cieco si spinge sull’orlo della vasca per lavarsi il viso e, davanti ad una folla di persone, il miracolo si compie e gli occhi si aprono.

Preziosissimo è il ritratto di Marco, l’unica figura di evangelista rimasta in un codice greco dei Vangeli, anteriore al X secolo. L’evangelista, seduto, si protende in avanti con lo sguardo fisso sulla mano destra che si posa su un largo rotolo aperto sulle ginocchia, che riporta il titolo del suo Vangelo: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio”. Davanti a lui una figura femminile avvolta in una veste azzurra: gli studiosi dicono che non sia la Madonna ma la Sapienza che sembra dettargli ciò che deve scrivere.

Il prezioso codice fu ritrovato nel 1879 all’interno della sacrestia della Cattedrale di Maria Santissima Achiropita di Rossano da Adolf von Harnack e pubblicato subito dopo da Oscar von Gebhardt: i due tedeschi ne intuirono il valore ed è grazie a loro che oggi la preziosa opera non è andata persa. Oggi il Codex Purpureus Rossanensis è nell’elenco delle candidature UNESCO fra i beni eccellenti del patrimonio artistico mondiale.

Anna Maria De Luca

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