E’ interamente dedicata a Piero della Francesca (1412 – 1492), tra i capisaldi della pittura italiana del XV secolo, la mostra “Piero della Francesca. Monarca della pittura” inaugurata all’Ermitage lo scorso 6 dicembre, alla presenza dell’Ambasciatore italiano in Russia Pasquale Terracciano, del Console Generale d’Italia a San Pietroburgo Alessandro Monti, del Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Paola Cioni e del Segretario Generale di Emitage Italia, e AD di Villaggio Globale International Maurizio Cecconi.

Nella delegazione italiana, presenti anche: Mauro Cornioli Sindaco di Sansepolcro paese natale di Piero della Francesca, Simone Verde Direttore del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, lo storico dell’arte e grande esperto dell’artista Carlo Bertelli e il matematico Piergiorgio Odifreddi, tra gli autori in catalogo.

Un momento emozionante per il grande Museo di San Pietroburgo e per la conoscenza dell’arte italiana nel mondo.

Piero, con la sua pittura nobile e umile a un tempo, razionale e austera quanto lirica e poetica, può essere definito senza esagerazione l’artista simbolo del Primo Rinascimento, capace come fu di rivoluzionare la pittura del tempo, trasfondendo nelle sue opere complessi calcoli matematici e una personale visione del mondo. Fu tra i primi a scoprire le regole della prospettiva sia lineare che atmosferica (a cui Leonardo da Vinci prestò poi puntuale e fattiva attenzione) e la sua arte ebbe un ruolo chiave nello sviluppo del ritratto rinascimentale.

Ciononostante in Russia non si conservano opere di Piero, di cui in generale rimangono solo straordinari cicli di affreschi e non più di una ventina di dipinti, per lo più considerati inamovibili e conservati salvo poche eccezioni in Italia, in siti lontani delle principali rotte turistiche della penisola come Perugia, Monterchi, Arezzo o nella vicina Sansepolcro (al tempo, Borgo San Sepolcro), dove egli nacque. Curata da Tatiana Kustodieva capo ricercatore del Dipartimento dell’Arte europea occidentale all’Ermitage, organizzata grazie agli sforzi congiunti del Museo Statale Ermitage, di Ermitage Italia e di Villaggio Globale International, l’esposizione – che ha come sponsor generale ROSNEFT, main partner in Italia INTESA SANPAOLO e il sostegno del Consorzio di Tutela Prosecco DOC – si propone dunque come un evento eccezionale.

Da diverse collezioni italiane ed europee è giunto un nucleo di opere dell’artista, mai così consistente prima d’ora in una mostra temporanea – 11 dipinti e 4 manoscritti autografi – offrendo la rara opportunità di far conoscere Piero della Francesca in Russia.

Ed è stata subito Pieromania.
Nella prestigiosa Sala del Picchetto, nel Palazzo d’Inverno, in un allestimento che rievoca le architetture prospettiche dei dipinti di Piero, si possono ora ammirare, giunti dall’Italia, grazie anche alla sensibilità del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano, straordinari e iconici capolavori come la “Madonna di Senigallia” dalla Galleria Nazionale delle Marche a Urbino, “l’Annunciazione”, mai prestata prima d’ora, dalla Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia e il “San Girolamo e un devoto” dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, ai quali si aggiungono il “San Nicola da Tolentino” del Museo Poldi Pezzoli di Milano e due affreschi con “San Giuliano” e “San Ludovico” dalla natia Sansepolcro. Quindi il “San Michele” prestato per l’evento dalla National Gallery di Londra, il “Ritratto di Sigismondo Malatesta” eccezionalmente dal Musée du Louvre di Parigi, il “Ritratto di giovane” – presumibilmente Guidobaldo da Montefeltro – dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, il “Sant’Agostino” dal Museo Nazionale d’Arte Antica di Lisbona e la giovanile “Madonna col Bambino” già in collezione Contini Bonacossi.

Quindi il Piero matematico, a ricordare l’importante attività teorica che egli svolse, congiuntamente alla pittura, per tutta la vita: la ricerca di regole scientifiche che governino la realtà, e dunque la costruzione interna dei dipinti, il bisogno di armonia, lo studio delle proporzioni costituiranno del resto una costante della sua ricerca artistica. In mostra: il giovanile Trattato d’abaco, proposto nella versione autografa della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l’Archimede di spiralibus, raccolta di trattati del matematico greco in cui è stata riconosciuta nel 2004 la mano dell’artista toscano, e infine il De prospectiva pingendi presentato attraverso le uniche due testimonianze quattrocentesche in volgare esistenti al mondo: quella interamente autografa nel testo e nei disegni, prestata della Biblioteca Palatina del Complesso Monumentale della Pilotta a Parma e il manoscritto Reggiano della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, con correzioni e annotazioni di Piero.

Fu proprio il De Prospectiva pingendi, universalmente noto, a formare intere generazioni di pittori, che non si limitarono a trarre ispirazione dai dipinti del grande Maestro, ma studiarono il suo testo per imparare quello che sarebbe divenuto il linguaggio comune e condiviso dell’arte occidentale per almeno quattro secoli, fino alla rottura avvenuta nell’Ottocento. “Si è paragonata l’arte di Piero alla musica di Mozart e alla poesia di Wordsworth” ha scritto lo storico dell’arte russo Michail Alpatov. “Ma la sua capacità di abbracciare il mondo con uno sguardo
può essere raffrontata anche al talento di Tolstojdi ammirare, come in “Guerra e Pace”, la curva delle spalle d’una avvenente mondana o d’inchinarsi alla saggezza del contadino Karataiev”.

Così appare dunque Piero: raffinato frequentatore delle principali corti italiane (Perugia, Firenze, Ferrara, Rimini, Roma, Urbino), coltissimo nell’elaborare composizioni prospettiche innovative, costruzioni geometriche dal perfetto equilibrio e figure monumentali ieratiche e potenti, quanto sincero cantore della nobiltà dell’uomo e della bellezza del paesaggio, caparbiamente legato alle sue terre e al borgo natale, ove conservò sempre la sua bottega.

Piero non fu mai pittore di corte, mantenendo autonomia di vita e di pensiero, eppure riuscì a innovare profondamente e a segnare in maniera indelebile il percorso dell’arte italiana ed europea, traghettandola dal medioevo all’età moderna. Da Domenico Veneziano, con il quale lavorò prima a Perugia e poi a Firenze, Piero aveva appreso l’importanza e il valore delle gamme cromatiche, della composizione e della prospettiva nelle sue prime applicazioni; durante il soggiorno nel capoluogo toscano (1439), allora nevralgico centro culturale, aveva conosciuto l’arte d’avanguardia del suo tempo – la scultura di Donatello, gli affreschi di Masaccio, le concezioni architettoniche di Leon Battista Alberti e di Filippo Brunelleschi – e aveva ammirato la corte bizantina.

A Ferrara, dove si presume sia stato intorno al 1450, e poi a Urbino, aveva conosciuto l’arte fiamminga e il gusto d’oltralpe, traendone l’attenzione per la resa naturalistica dei dettagli. Suggestioni e influenze che, accanto agli interessi scientifici, alla capacità immaginifica e alla profonda sensibilità per le vicende politiche, hanno consentito a Piero una cifra artistica assolutamente originale, portandolo a creare opere di una tale altezza intellettuale e spirituale da influenzare profondamente, con la riscoperta ottocentesca, anche l’arte del XX secolo.
La mostra è accompagnata da catalogo Skira/Museo Statale Ermitage, in edizione russa e italiana, con saggi di Carlo Bertelli, Tatiana Kustodieva, Antonio Natali, Piergiorgio Odifreddi, Antonio Paolucci, Paola Refice.

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