In occasione della mostra “Sculture e disegni di Paola de Gregorio – qualcosa di nuovo nell’arte sacra intervistiamo l’artista Paola de Gregorio. Di lei,  Giovanni Carbonara, direttore della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Movimenti dell’Università La Sapienza di Roma, nel 2003 ha scritto: “Il linguaggio di Paola de Gregorio, straordinariamente attuale e perciò coinvolgente, assume questi specifici riferimenti: l’attenzione al disegno, inteso come linea che traccia, incide, s’accentua e si dissolve, cambia peso e spessore; che si muove sul piano ma non trascura una latente e tesa tridimensionalità; la predilezione fra le diverse soluzioni plastiche e scultoree del bassorilievo più o meno profondo. Esso consente infatti, meglio di altre modalità espressive, di sposare la linea col rilievo plastico, tendenzialmente a tuttotondo, di passare dall’una all’altro con sottili variazioni e accentuazioni; la cura per i materiali, la loro lavorazione ed il loro trattamento superficiale e strutturale, con grande curiosità e apertura sperimentale: dal gesso al bronzo, dal legno agli stucchi, anche elaborati con moderni prodotti industriali, sempre consapevole dei diversi esiti figurativi che la superficie stessa e la sua tessitura materica possono generare; la leggibilità dell’opera e delle relative figurazioni in termini di racconto e narrazione: vale a dire da diversi punti e secondo una successione temporale; non come sola rappresentazione istantanea e “simultanea”, ma come apprendimento e scoprimento progressivo e sequenziale, proprio in analogia alla lettura di un testo scritto, che ha un suo modulabile ritmo interno, rispetto all’irruenza e immediatezza dello spot televisivo. Alle tre dimensioni spaziali quindi si accosta la quarta dimensione temporale, a volte nel senso della compresenza sincronica (come fu già ad esempio nell’esperienza cubista), ma più spesso in quello di una quieta e serena diacronia”.

 Paola de Gregorio, lei è nata a Roma dove attualmente risiede, ma le sue radici culturali sono fiorentine. Quanto conta questo legame nella sua arte?

Si tratta di un imprinting che caratterizza la mia arte, un connubio fra scultura e architettura che riecheggia il sincretismo artistico dei Maestri fiorentini. Non per nulla il luogo che più di ogni altro ha stimolato la coscienza creativa è il “Bel San Giovanni”, il Battistero di Firenze. Questa perenne fonte di ispirazione, come le meravigliose geometrie fiorentine, non mi hanno però portato a rinnegare la contemporaneità come l’uso di forme concave anziché convesse, il disegno evidenziato, la trasparenza dei volumi, la sovrapposizione fra figure di differente grandezza.

La contemporaneità per comunicare il messaggio cristiano

La concavità esprime per me l’accoglienza propria del Cristianesimo, l’impronta da Lui lasciata, il vuoto che ce ne fa sentire la mancanza. La concavità coinvolge lo spettatore, quasi invitandolo ad entrare nella scena

Nella mostra che sarà visitabile fino a Pasqua, la figura principale è la “Regina Apostolorum”

Protagonista, naturalmente, è la Croce con il Cristo ma dalla croce stessa viene avanti la figura della Chiesa, una Maria/Chiesa dinamica e accogliente, attorniata dagli “evangelizzatori” in senso lato, non legati cioè ad una precisa collocazione temporale: tra di essi, a formare una sorta di ellisse, si potranno riconoscere sia i quattro Evangelisti classici sia altri personaggi significativi per la loro realizzazione del messaggio evangelico. Maria è posta al centro della mostra. Maria/Chiesa volge lo sguardo a noi, è a noi più vicina, viene decisamente verso di noi, che aspettiamo fiduciosi il suo conforto. A lei possiamo svelare i nostri dolori, le nostre ingiustizie. Lei ci ascolta e ci parla. E ancora oggi, tramite gli “apostoli”, ci trasmette la parola di Cristo. Una chiesa in cammino, una chiesa pellegrina; ma allo stesso tempo materna e “vera”. I suoi piedi nudi sono evidenziati nel loro dinamismo, accentuato dall’alluce in primo piano: accanto ad essi comparirà la scritta “Eccomi, vengo”, espressione direi minimalista della nostra disposizione a seguire la via indicata da Cristo. La stessa croce è in cammino, tesa come un arco ma comunque trasparente: la croce “si impronta nel corpo”. Questo mio stilema si è sviluppato nel tempo anche sulle mie esperienze di vita.

Il sacrificio di Cristo e la maternità di Maria, una connessione profonda

La donna naturaliter accetta e accoglie il dolore, come Cristo. Vorrei qui ricordare la Pietà di Michelangelo. Maria, nostra madre, icona centrale nella scultura e nell’immaginario cristiano, rappresenta sentimenti vitali, terreni, sublimi, come la sopportazione e l’accettazione. Maria come deipara, e per me la parola Verbum ha un profondo significato. Nella tavola “E tu, Maria del fiore” scrivo fra le sue vesti “et caro Verbum facta est” cambiando l’ordine delle parole.

Maria icona ma anche contemporanea e attuale, maternità religiosa ma anche maternità laica

La mia Maria è una donna attuale che “va avanti con la mano aperta”. Il suo incedere è sottolineato dal primo piano del piede destro che forse per la prima volta appare vero, nudo e forte. È una donna pronta a difendere il suo piccolo accettando la spada che le porgono. La sua mano è ancora aperta, ma adesso non accetta più tutto passivamente. E’ una donna combattiva, come si deve essere ora; deve difendere, nel proprio bambino, l’ingenuità e la bontà in cui esso crede; ma deve difendere anche la propria integrità dalle schegge impazzite di fanatici.

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