di Mauro Porri

monte Amiata
monte Amiata


“La nebbia che respiro ormai, si dirada perché davanti a me……un sole quasi bianco sale, ad EST…..recitava una canzone di Lucio Battisti.
Si, è l’inizio di una canzone d’amore, ma in questo caso è l’inizio di un viaggio.
No, non stiamo parlando di un tour de force dei più estremi, ma della ricerca della pace e del relax.
Si parte da Milano, ore 15.00, cielo grigio ed una fitta nebbia di smog, appunto la nebbia di cui parlava Battisti, avvolge i cittadini del capoluogo Lombardo.
Trolley pronto, la mia fidata Pentax a tracolla e si parte di corsa verso la stazione, (perché a Milano si corre sempre, anche quando si è puntuali).
Arrivo alla stazione, ed il treno è pronto a partire, caso strano puntuale….iniziamo bene per fortuna!
Si va, destinazione Toscana, provincia di Siena, Abbadia San Salvatore per la precisione.
Dopo poche ore di viaggio e dopo che la fitta nebbia si è diradata, il treno arriva alla stazione di Chiusi/Chianciano Terme, è il tramonto, il cielo è limpido e l’aria è fresca, e già una sensazione di relax e quiete mi avvolge.
Tira una lontana brezza marina, che aggiunta al sapore del monte, e dei boschi poco distanti, crea un’atmosfera indescrivibile.
Pochi chilometri dividono la stazione dal K2, il posto in cui alloggerò, un piccolo quanto accogliente albergo a conduzione familiare, in cui assaggerò gran parte delle specialità del luogo.
Anche il tassista si mostra disponibile ed ospitale come ogni abitante della zona, e questo rende il percorso in taxi ancora più piacevole.
La strada è caratterizzata da salite e tramonti, che regalano paesaggi da cartolina.
Arrivato in Hotel, si sale in camera, una fantastica stanza che affaccia sul bosco, doccia veloce ma con estrema calma, (il caos lo lasciamo alle città, come anche la fretta e lo stress), e si scende in sala per un aperitivo in attesa della cena preparata ad hoc, dalla cuoca, una signora che si diletta a servire e riverire i propri clienti, rifocillandoli con prodotti esclusivamente fatti in casa.
L’aperitivo sembra quasi il banchetto di un matrimonio, perché si sa, in Toscana si mangia tanto…..e bene.
La tavola è ricca e ben disposta, da una parte spiccano i salumi, in particolare la “SOPPRESSATA DI CINTA” (FOTO 25), un salume fatto con le parti callose di un maiale molto pregiato che vive allo stato brado. Questo salume ha una consistenza quasi gelatinosa, che si scioglie in bocca, con un sapore delicato e molto aromatico.
Tra i vari salumi e formaggi tipici (FOTO 26) rimango colpito da un tipo di biscotto salato, che i toscani sono soliti usare al posto del pane.
La cena è composta da prodotti tipici, (ne riporterò solo alcuni) come la polenta dolce accompagnata da ricotta fresca, ravioli ricotta e spinaci conditi con olio locale e scaglie di pecorino, un fantastico piatto di “PICI” fatti a mano, (FOTO27) con acqua e farina come unici ingredienti, conditi con un sugo di cinghiale (FOTO 28) semplicemente sublime, che riporta a chi mangia, i veri sapori della Toscana e del Monte Amiata.
Poi la serie di secondi, come le salsiccie di cinta e  “L’AMMAZZAFEGATO”, una salsiccia fatta con la parte più sanguinosa del maiale di cinta, (FOTO 29) un sapore forte ma mai fastidioso, abbastanza piccante.
Per finire, dopo la serie di contorni tipici del Monte Amiata, l’ARRICCIATELLA, un dolce di frolla e cioccolato, bello da vedere, quanto buono da mangiare.
Dopo cena si dorme, domani ci aspetta una faticosa quanto affascinante scarpinata tra i boschi.
La sveglia suona alle 7:30, la giornata sarà lunga.
Subito si esce, ed il tempo ci assiste, la temperatura è attorno ai 17 gradi ed il sole splende.
Poche centinaia di metri ci dividono dal museo della miniera, (FOTO 5) dove a farci da guida, sarà Paolo Contorni, uno dei più veterani tra gli ex minatori, un signore di 82 anni, che parlando della miniera non trattiene le lacrime. (FOTO 6)
Questo perché, la miniera di “CINABRO”, ha sfamato per quasi 100 anni migliaia di famiglie, tra cui quella del signor Paolo, del padre e del nonno.
La miniera, ormai diventata un museo, è un’attrazione sia per adulti che per bambini.
Il museo è formato da una parte, dove troviamo un plastico che ci mostra com’era formata la miniera fino al 1976 (anno di chiusura) ed un intero piano con reperti storici, tra cui pietre (FOTO 8), martelli pneomatici, maschere antigas, picconi, ed ogni singolo attrezzo usato negli anni dai minatori.
Ogni piccolo reperto è accompagnato da foto e didascalie che spiegano al visitatore ogni singolo aspetto dell’oggetto o la foto in questione.
In un area poco lontana si trovano le miniere, ed una ricostruzione recente fatta da ex minatori, per permettere a turisti e visitatori, sia adulti che bambini, di provare l’emozione del “BUIO NERO” così denominato dai minatori, perché è il buio più buio che esiste, che purtroppo non si può descrivere a parole, ma va assolutamente provato.
Questa ricostruzione serve per mostrare al turista le condizioni di lavoro s cui erano sottoposti gli operai, dal 1886 (anno di apertura) fino al 1976.
Dei manichini stanno a simulare azioni lavorative, ed il modo in cui erano vestiti e protetti, ed i macchinari usati con il passare degli anni. (FOTO 10, FOTO 9)
Finito il giro in miniera, si può trovare una piccola “boutique” dove si possono assoervare e comprare i vari minerali trovati nella miniera, tra cui il cinabro, oro ed altri.
Finito il giro al museo, ci aspetta il trekking nei boschi, i cui percorsi sono a qualche centinaio di metri di distanza.
Sono percorsi creati poco più di un anno fa, ben studiati per essere completati sia in condizioni di bel tempo, sia con pioggia ed intemperie.
Tutti possono permettersi di fare questi percorsi, dai più anziani ai più piccoli, con percorsi che variano da 2,2 chilometri o poco più di 4 chilometri, ai più esperti, dove ad attenderli ci sono percorsi da 18 e 22 chilometri.
Durante queste gite c’è la possibilità di avvistare cinghiali, lupi e quant’altro, oltre ai paesaggi che ci regala ogni angolo del monte. (FOTO 13)
Adatto per chi è amante di fotografia naturalistica (FOTO 11 FOTO 12)e per chi ama fotografare panorami. (FOTO 33)
Si sa, camminare mette appetito, soprattutto quando durante il percorso trovi le più buone specie di funghi, ed ogni sentiero pieno di castagne.
Entrambi questi alimenti, sono fondamentali per la cucina della zona di Abbadia San Salvatore e zone limitrofe.
Per togliere l’appetito e terminare il percorso, con un panorama degno di nota, c’è un taxi ad attenderci, per portarci in cima al Monte Amiata.
I percorsi di trekking, sono poco distanti dalla cima del monte, dove possiamo trovare alcuni ristoranti, dai più raffinati, ai più casarecci.
Ci fermiamo in uno dei più casarecci, (il bar ristorante La Vetta), dove si respira la vera tradizione Toscana, dove a servirci troveremo i camerieri più simpatici ed ospitali della regione, e dove solo il profumo delle portate ci fa capire cos’è la Toscana.
A colpire il mio palato questa volta, oltre ad i classici “PICI”, prosciutti e formaggi tipici, sono due piatti in particolare:
La cipollata toscana, un piatto nato dai minatori, povero, semplice, ma allo stesso tempo tipico e gustoso.
Composto da ingredienti poco costosi, pane raffermo, cipolle, uovo e pomodoro.
I minatori erano soliti mangiare questa pietanza, semplicemente perché costava poco, ed il pane era molto saporito grazie alla molta cipolla.
L’altra pietanza che ha colpito il mio palato, sono dei semplici funghi porcini al forno.
La cucina di quella zona è particolare, perché vengono usati esclusivamente prodotti del posto, infatti i funghi che vengono serviti, sono colti ai piedi del monte.
Il pranzo dura fino alle 15:45 circa, e finalmente ci si può godere il panorama dalla terrazza in cima al monte, (FOTO 15 FOTO 16) da dove si vedono addirittura i primi paesini del Lazio.
Adesso inizia a fare veramente fresco, la temperatura è sui 12 gradi, (FOTO 17) ma quando arriviamo a San Salvatore, risale a circa 18-19°.
Dopo questa lunga camminata, ed il pranzo, ci attende una guida per mostrarci il monastero del paese. (FOTO 19)
Un monastero medievale, molto bello, con annesso museo, un museo ancora in via di costruzione, che a breve diverrà un museo multimediale.
Quindi possiamo dire che la provincia di Siena, non solo è adatta a chi ama il cibo, i boschi o le terme, ma anche a chi è religioso e chi è amante dell’arte. (FOTO 20)
Il giro in chiesa e nel museo dura 2 ore abbondanti, e dopo si corre in centro a vedere la parte più vecchia del paese, la parte medievale.
Chi ama questo tipo di cose, non può non vedere Abbadia San Salvatore, dove a spiccare sono piccolissimi vicoli ricoperti di roccia estratta dai monti della zona e case attaccate l’una a l’altra.
Di questo paese non ci si può perdere il Natale, visto che si faranno feste con cibi tradizionali in giro per il paese.
Si arriva all’ora di cena, e così scopriamo un ristorantino in cui si cucina esclusivamente con prodotti biologici, chiamato “La Taverna”.
Questa volta non c’è una pietanza a colpirmi più di un altra, vista la qualità ed il sapore di ogni piatto, per questo ne parlerò dopo.
L’ultimo giorno, si trascorrerà mettendo la ciliegina sulla torta a due giorni rilassanti, andando alle terme di Bagno San Filippo.
Le terme, non sono lontane dall’Hotel, con 10 minuti di macchina ci si arriva.
Il paesaggio è affascinante, soprattutto cove ci sono montagne composte interamente da calcare. (FOTO 32)
L’acqua è fantastica, (FOTO 30) 12 mesi l’anno oscilla tra i 36 ed i 40 gradi, e soprattutto ha un effetto curante.
La cosa più bella, a detta degli abitanti del posto, è poter andare alle terme naturali, e farsi il bagno durante i mesi invernali, quando la temperatura è sotto lo 0° e la neve abbonda sui sentieri adiacenti le terme.
Dopo la giornata alle terme, è ora di ripartire, questa volta direzione Roma.
Già mi manca la tranquillità che trasmettono le Terre di Siena, ma so che ci tornerò, perché non solo sono stupende, (FOTO 33) ma perché per noi romani, distano solo 180km, e quindi sono facilmente raggiungibili sia in treno che in macchina.
La dimostrazione che non esistono solo Firenze, Pisa, o la stessa Siena, è la dimostrazione che per qualche giorno di relax basta girarsi i paesini limitrofi.
Paesi adatti anche a chi è amante degli sci, o snowboard, viste le numerose piste presenti in zona!

Parco, museo minerario, un po’ di storia
La miniera di “CINABRO”, localizzata ad Abbadia San Salvatore apre nel 1890 dai tedeschi, per poter sfruttare i vantaggi che il mercurio regala alla tecnologia. (FOTO 7)
A scoprire questa miniera, (la più grande d’Europa), fu Enrico Serdini, poi venne aperta dai tedeschi, che purtroppo usufruirnono del MERCURIO, non solo per l’innovazione tecnologica, ma anche per produrre il “FULMINATO DI MERCURIO” prodotto esclusivamente per scopi bellici.
Dal 1918 al 1945, la miniera passò alle banche Italiane, fino a diventare di proprietà dell’Agip, che la chiuse nel 1976, per l’inquinamento e gli altissimi costi.
L’importanza di questa miniera è dimostrata dal fatto che quando venne chiusa, gli abitanti di San Salvatore, passarono da 10000 a soli 6000.
Questa miniera, dava lavoro a circa 1300 persone.
Il pozzo più profondo fu denominato Pozzo Garibaldi, che arrivava ad una profondità di 400 metri.
A raccontarci queste cose, è il veterano ex minatore Paolo Contorni, che dopo 36 anni di servizio, raggiunge la pensione, e non trattiene le lacrime ripensando alla sua seconda casa.
Paolo, come molti altri minatori, aveva una sua miniera, e lo stipendio non era fisso, ma in base alla quantità di “CINABRO” estratto, minerale dacio si estrae il mercurio, se cotto a 800 gradi.
L’emozione più forte, ci racconta Paolo, è quella che si prova quando si vede per la prima volta il “BUIO NERO”, e l’assoluto silenzio, sensazioni provate da lui ed altri minatori per 24 giorni consecutivi, causa una frana, che li bloccò in un condotto.
La frana, come le alluvioni, le esplosioni e i gas, sono tra i pericoli più ricorrenti in una miniera.
Secondo Paolo, soprannominato “IL PICCOLO MINATORE” vista la giovane età della sua prima volta in miniera (13 anni), al minatore serve esperienza ed autonomia, e ci spiega, che la costante presenza di minatori sia di giorno che di notte, serve a scovare ogni singolo pericolo.
CURIOSITA’
_La miniera era composta da 16 piani, ognuno a 25 metri di distanza dall’altro.
_Il primo giorno di lavoro, i neofiti venivano spogliati e cosparsi di terra rossa; queso era il battesimo da minatore.
_Una tecnica usata per controllare se vi erano dispersi, era quella di mettere una medaglietta con un numero, ognuno corrispondente ad un nome, in uno scomparto, in cui venivano depositate le medagliette di chi era in miniera, e se questa medaglia non era stata tolta da quello scompartimento, significava che il minatore in questione, era disperso.

La cucina
 La cucina delle cosidette Terre di Siena, è una cucina povera, ma allo stesso tempo delicata e quasi mai pesante.
Una delle caratteristiche principali, è l’utilizzo esclusivo di soli alimenti prodotti ai piedi del monte.
Un prodotto fondamentale della tradizione amiatina, è la castagna, dalla quale si produce la farina di castagno, che a sua volta serve a produrre la polenta di castagno, (uno dei piatti più tradizionali della zona) ed il pane di castagno, un pane dolce, friabile, che trova un ottimo accostamento con olio e sale se appena sfornato, o con i salumi, visto il contrasto dolce/salato.
Altro alimento tradizionale, è il fungo,(FOTO 21) soprattutto i porcini, che colti ai piedi del monte, ricoprono un ruolo molto importante nella cucina amiatina.
Sul monte, sono molteplici le specie di funghi buone da mangiare, ma la tradizione amiatina, vuole che solo alcuno di questi, facciano parte della cucina.
Un altro piatto molto particolare della tradizione, è il cosciotto di cinta(FOTO 22), condito con fettine di mela larga.
Questo tipo di mela, come di evinca dal nome, oltre alla forma, molto allargata, ha la particolarità di mantenersi da Ottobre, mese di raccolta, ad Aprile, se mantenuto nella paglia.
Molto buona da mangiare anche da sola.

UNA RICETTA A CASO
PANE DI LEGNO, O PANE DI CASTAGNO (FOTO 24)
_Lievito secco attivo biologico, 2 cucchiaini
_Farina Senator Cappelli, 0.5kg
_Farina di castagna, 0.5kg
_Acqua 1lt
_Sale q.b.
_Pepe q.b.
_Semi di finocchio q.b.

PROCEDIMENTO
_Mettere il lievito in un bicchiere d’acqua tiepida, una volta sciolto impastiamo il lievito con la farina del Senatore, aggiungendo acqua un po’ per volta.
Si fa riposare fin quando non è bel lievitato l’impasto, circa 2 ore, dopodiché, si reimpasta cin la farina di castagno e l’acqua rimasta, aggiungendo anche gli ingredienti rimanenti, cioè sale, pepe e semi di finocchio.
Si prepara il panetto e si porta a lievitazione per altre 2 ore circa.
Alla fine si da la forma desiderata e si inforna per 1 ora a 200 gradi.

Le terme
Uno dei centri termali, molto bello e molto facile da raggiungere, si ritiene sia di origine etrusca.
Le particolari acque di queste terme, oltre ad essere piacevoli, sono curative, infatti è scientificamente provato che aiutano la guarigione da malattie cutanee, reumatiche, respiratorie, ed artritiche.
L’acqua è così calda, tra i 36 ed i 40 gradi, grazie all’attività vulcanica del Monte Amiata.