Un modo assolutamente rispettoso di leggere Kavafis, ma anche nuovo, profondamente illuminante, rivelatore di significati che forse finora erano sfuggiti a molti.

Kavafis aveva l’abitudine di selezionare con estrema cura i componimenti che considerava validi; li conservava in ordine cronologico e vi ritornava continuamente. Trasportate in culture vicine ma di idioma differente, come è la nostra, le poesie di questo straordinario autore possono essere osservate un po’ più da lontano, e suscitare (come i panorami mediterranei) nuove prospettive di interpretazione. È ciò che è accaduto ad Aldo Setaioli, curatore della raccolta: ha estratto dalla (tutto sommato esigua) produzione superstite di Kavafis le liriche che hanno un legame esplicito con la letteratura e la mitologia dell’antica Grecia, e con la storia e la cultura della terra d’origine e – soprattutto – dei nuovi paesi ai quali l’ellenismo si era esteso con la conquista di Alessandro Magno; quindi, le ha ridisposte in un ordine logico, ben più che cronologico, in base al periodo storico cui riservano qualche riferimento.

[…]Come chiaro dal titolo, Non sono morti gli dèi, che si ispira a un verso dell’ultima poesia di questo volume, essa si propone di mettere in luce il quadro complessivo del suo rapporto con l’eredità storica e culturale della grecità antica che emerge dalla sua poesia. A questo scopo sono state scelte sessantanove poesie tra le centocinquantaquattro del “canone”, vale a dire quasi tutte quelle che hanno rapporto diretto con la letteratura o la storia greca, dal mito e dai poemi omerici fino alla fine dell’antichità (con esclusione quindi dell’epoca bizantina). Sono stati omessi solo alcuni epigrammi funebri modellati su quelli raccolti nell’Anthologia Palatina (tranne uno, per il motivo che verrà spiegato tra poco) e pochi altri componimenti che, pur richiamandosi all’antichità, non presentano particolari rapporti con determinate situazioni storiche. Queste sessantanove poesie sono state disposte in ordine cronologico sulla base non dell’epoca di composizione, ma del momento storico cui fanno riferimento. È possibile, in questo modo, comprendere immediatamente a quali aspetti e a quali periodi è maggiormente rivolto l’interesse del poeta e in quale maniera egli si rapporti con essi. (Dall’introduzione di Aldo Setaioli)

Nei settant’anni della sua vita, fra il 1863 e il 1933, KONSTATINOS KAVAFIS ha viaggiato nello spirito più largamente che sulle mappe: partito da Alessandria d’Egitto, dove era nato da genitori greci, vi fece ritorno a poco più di vent’anni dopo aver vissuto brevemente a Liverpool, Londra e Costantinopoli, spinto dagli accadimenti personali e internazionali. Vi resterà fino alla morte, lavorando come impiegato statale, giornalista, interprete e, per alcuni anni, agente di borsa, e soprattutto scrivendo poesie.

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