Sono partita da San Sebastián all’alba, quando la Concha ancora dormiva avvolta nella nebbia che sale dal Cantabrico. Quella baia perfetta, quella mezzaluna di sabbia dorata abbracciata da due colline verdi come smeraldi, è una delle prime bandiere blu che la Spagna conquistò, molti anni fa. E guardandola dai giardini di Miramar, con le onde che lambivano dolcemente la riva, si capisce che quella bandiera non è un premio arbitrario: era un riconoscimento di qualcosa che gli occhi vedevano e il cuore già sapeva.

La Playa de la Concha è bellezza pura. L’acqua cristallina che nelle giornate di sole diventa turchese, i palazzi Belle Époque che la circondano come spettatori eleganti di un teatro naturale, la passerella di legno dove i donostiarras passeggiano al tramonto. Qui la bandiera blu non certifica solo la qualità dell’acqua – impeccabile – ma un intero modo di vivere il mare: con rispetto, con cura, con amore.

Sono scesa poi lungo la costa, seguendo quella collana di bandiere blu che punteggia la Spagna come perle azzurre. A Santander mi sono fermata alla Playa del Sardinero, dove l’aristocrazia madrilena veniva a villeggiare cent’anni fa. Capisco perché: quella sabbia bianca finissima, quelle acque che anche a settembre mantengono una limpidezza incredibile, quella luce atlantica che rende tutto più nitido, più vero. Ho fatto il bagno al mattino presto, e l’acqua era così pulita che vedevo le mie dita dei piedi come fossero ingrandite da una lente.

Ma è stato in Galizia che ho veramente capito cosa significhi una bandiera blu in un luogo magico per natura. Le Islas Cíes, nel Parco Nazionale delle Isole Atlantiche, hanno quella che molti chiamano “la spiaggia più bella del mondo”: Rodas. E forse hanno ragione. Immaginate una lingua di sabbia bianchissima che collega due isole, bagnata da entrambi i lati da acque di un azzurro impossibile, caraibico, surreale per queste latitudini nordiche. La bandiera blu qui è quasi superflua – la natura ha già fatto il miracolo – eppure la sua presenza garantisce che questo miracolo resti intatto, protetto, preservato.

Scendendo verso sud, mi sono persa nelle Rías Baixas, dove ogni insenatura sembra un quadro impressionista. A Sanxenxo, la Playa de Silgar mi ha accolto con la sua sabbia fine e le sue acque calme, perfette. Ho parlato con i pescatori che portano le vongole e le capesante fresche al mercato ogni mattina, e mi hanno detto: “Il mare qui è sempre stato pulito, ma ora che c’è la bandiera la gente rispetta di più, capisce che è un tesoro.”

La Costa Brava mi ha stupito con la sua bellezza aspra e luminosa. A Tossa de Mar, la spiaggia Grande si stende ai piedi del borgo medievale murato, e il contrasto tra le pietre antiche e l’azzurro intenso del Mediterraneo toglie il fiato. Ho nuotato fino agli scogli, dove l’acqua diventa così trasparente che si vedono i pesci guizzare tra le rocce. La bandiera blu qui significa poter fare snorkeling e scoprire un mondo sottomarino ancora vivo, pulsante, ricco.

E poi Valencia, dove le spiagge urbane come la Malvarrosa sono riuscite nell’impresa impossibile: essere città e natura insieme. Palme, paella nei chiringuitos, bambini che giocano sulla sabbia, e un’acqua certificata, controllata, sicura. Ho visto nonni fare il bagno con i nipoti, turisti del nord Europa stendersi al sole di ottobre, surfisti cavalcare le onde al tramonto. La bandiera blu qui significa democrazia: un mare bello e pulito accessibile a tutti.

Ma è stata l’Andalusia a lasciarmi senza parole. A Tarifa, dove l’Atlantico incontra il Mediterraneo, il vento soffia sempre e le spiagge sono un paradiso per i kitesurfer. La Playa de Los Lances si estende per chilometri, e l’acqua – oh, l’acqua! – ha sfumature che cambiano ogni cento metri: verde smeraldo, azzurro cobalto, turchese profondo. Con la bandiera blu che sventola orgogliosa, garantendo che questa meraviglia resterà tale.

E poi Cabo de Gata, in Almería, ultimo rifugio del Mediterraneo selvaggio. La Playa de los Genoveses, raggiungibile solo per una strada sterrata, è una mezzaluna dorata incastonata tra colline desertiche. Niente palazzi, niente cemento, solo dune, agavi giganti, e un mare di una trasparenza che fa male agli occhi. Qui la bandiera blu è una promessa: che questo angolo di paradiso non sarà mai violato.

Nelle Baleari, a Formentera, ho toccato il culmine. Ses Illetes, con la sua sabbia bianca come farina e le sue acque dai mille azzurri, è la prova che il Mediterraneo può competere con qualsiasi atollo polinesiano. Ho camminato sulla sottile striscia di terra con il mare da entrambi i lati, e mi sono sentito benedetta: benedetta di essere vivo, benedetta di poter vedere tanta bellezza, benedetto che esistano uomini e donne che lottano per mantenerla tale.

Seicento bandiere blu non sono un numero: sono seicento storie di bellezza protetta, seicento promesse mantenute, seicento luoghi dove l’uomo e la natura hanno trovato un equilibrio precario ma possibile. Non sono solo certificati di qualità dell’acqua, ma simboli di speranza. La speranza che la bellezza possa resistere, che il mare possa restare pulito, che i nostri nipoti possano ancora tuffarsi in queste acque benedette.

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