di Armando Pelliccioni, pittore ed esperto d’arte

Fino al 29 di gennaio 2012 è possibile visitare la mostra monografica “Mondrian: l’Armonia Perfetta” al Vittoriano. Mondrian è ricordato per aver concepito, realizzato e proposto una visione assoluta dell’arte, ossia la concezione neoplastica con la quale l’opera diviene il campo di forze dove si esercitano gli equilibri estetici legati alle forme ed ai colori primari. Le opere mature di Mondrian (che coprono il periodo dal 1921 al 1944, anno della sua scomparsa), sono note in tutto il mondo ed hanno la peculiarità di mostrare l’opera d’arte assoluta, fredda e deterministica nella sua linearità. Reticoli e campiture di colori primari sono gli ingredienti dell’essenza del lavoro del maestro olandese.

Nella mostra, si può invece ammirare il percorso artistico iniziale, del primo Mondrian, quello meno noto al grande pubblico, ma non per questo meno importante.
Il percorso artistico di Mondrian non è partito direttamente dall’arte geometrico/astratta, ma è iniziato con lo studio dei classici paesaggi olandesi, con le vedute delle campagne, e soprattutto, con l’impatto forte con le architetture delle grandi metropoli. Uno dei soggetti principali scelti da Mondrian per la propria riflessione sulla geometria è stato l’albero; e, in questa mostra, è possibile seguire la poetica mondrianea sul concetto di “albero”.

Ma non sono esistiti solo gli alberi a fornire materia di riflessione per il maestro durante la fase di formazione, nella sua giovinezza.
Ci sono i fiori, i paesaggi (essenzialmente notturni) e, rari, i ritratti di essere umani.
Tutti questi soggetti sono stati l’essenza della ispirazione per la nuova arte, per quelle arte che lo consacrerà tra i più grandi pensatori ed artisti del ‘900.
A Mondrian, infatti, non interessava l’eccellenza dei tratti, la fedele riproduzione del soggetto naturale – che comunque dominava -, ma il significato delle linee, l’intreccio tra l’orizzonte/orizzontale (legato alla concezione femminile) e i rami-edifici/verticali (ossia l’universo maschile). Egli prendeva in prestito le forme della natura non per copiarle o farne una perfetta riproduzione, ma per coglierne l’essenza intima, per decomporle. Il cubismo e il puntinismo sono state le altre due fasi fondamentali per la sua futura formazione. Il primo con la scoperta della profonda connessione tra lo sfondo/figura e della sua possibile rottura, della possibilità di rubare la scena al “soggetto” in quanto tale, mentre per il secondo per la scoperta del rapporto tra colori e forma e l’effetto degli stessi colori a livello retinico di Seuratiana memoria.

La mostra ci permette di ammirare questo percorso di formazione iniziale e ci conduce, alla fine, alla visione dell’essenza dell’arte mondrianea: l’opera composta esclusivamente dagli elementi primi della conoscenza, dalle linee e dai colori primari. Gli ultimi lavori, quelli dal ’37 in poi, presenti nella mostra, rivelano però un nuovo fremito di riflessione, una transizione verso una nuova rottura, verso quell’elemento che è giustamente identificato con la stessa opera di Mondrian: la linea.
Riflessione che purtroppo non ha avuto tempo di svilupparsi e di esprimersi e che è stata timidamente affrontata nel suo ultimo lavoro (“Broadway boogie woogie”) prima della sua scomparsa.