Parlando dell’Istria abbiamo fatto riferimento alla dea Sentona relativamente a un progetto turistico della città di Albona, e a sud di questa località si può visitare il sito archeologico di Nesazio dove sono state ritrovate tracce del culto della dea e di altri dei istriani.

Questo sito archeologico, che è doveroso visitare, è per l’Istriano, il ricordo orgoglioso delle proprie radici. L’epica difesa dell’indipendenza istriana, nel 177 a.C., cantata nel XVI libro degli Annali di Ennio e nel Bellum Histricum di Ostio, di cui rimane il racconto di Livio, ebbe qui il suo epilogo con il sacrificio virile di Epulone e della sua corte.

L’assedio di Nesazio da parte del console romano Claudio Pulcro è rimasto memorabile. Il rio che scorreva lungo le mura del castelliere fu deviato dai legionari e ciò fu interpretato dagli Istri quale segno di abbandono da parte degli dei. Alla schiavitù preferirono la morte e uccisero pure le mogli ed i figli, gettandone i cadaveri oltre le mura; poi, si suicidarono servendosi delle loro spade. Ciò rimarrà sempre nella memoria delle genti di questa terra. Nesazio fu, probabilmente, l’unico abitato ad aver avuto il carattere di città in epoca preistorica; ciò per il tipo dei reperti e per la presenza della grande statuaria venuta alla luce durante gli scavi archeologici di questo secolo. Fu anche centro religioso e perno della resistenza all’avanzata romana.

L’ampio castelliere a doppia cinta di Nesazio, il più forte castelliere istriano sul Quarnero, si formò nell’età del bronzo, circa nel XV secolo a.C. ed è annoverato fra le più antiche sedi in cui veniva praticata la cremazione dei defunti, e le cui ceneri venivano poste in urne protette da lastre di pietra, sotterrate o collocate nella rocca viva.

Sotto una più recente necropoli venetica di tipo atestino, si sono trovate tracce di una civiltà illirica con architettura e decorazioni miceneggianti, quali spirali e meandri, che da una parte sembrano ricordare i prodotti di Butmir e dall’altra la stele di Novilara. I grandi monumenti litici di Nesazio perpetuarono, con le loro iscrizioni e figurazioni, il ricordo della sopravvivenza delle divinità istriane preromane quali Eia, Trita, Melesoco, Sentona e Histria Terra ancora in epoca imperiale. A Nesazio vennero trovate le uniche divinità istriane raffigurate nella plastica monumentale, quali la dea della fertilità, una scultura arcaica con una forte influenza greca che raffigura una partoriente ed una statua di un dio cavaliere. Entrambe queste sculture, scolpite in un unico blocco di pietra, sono probabilmente i resti di qualche edificio sacro e costituiscono gli unici esempi di rappresentazione figurativa non solo in tutta l’Istria ma anche in tutta l’area balcanico-illirica. Questo oscuro fenomeno archeologico potrebbe connettersi con la leggenda degli Argonauti, di Medea e di Absirto, localizzata alle foci del Timavo, a Pola e nelle isole quarnerine; forse queste sculture potrebbero adombrare antichissime relazioni con le civiltà preelleniche. La vita del castelliere continuò ininterrotta dall’età del bronzo attraverso tutta l’età del ferro fino alla fase più recente del II secolo a.C.

Nell’età del ferro esso divenne il centro politico della federazione delle tribù illiriche degli Istri che, allora abitavano nella parte meridionale della penisola istriana. Divenne capitale degli Istri probabilmente nel III sec. a.C.

In epoca preromana Nesazio sviluppò notevoli rapporti commerciali con la Grecia e la Magna Grecia. Nelle tombe furono trovati un recipiente del tipo “oinochoe” a figure nere ed uno “skyphos” della Magna Grecia, entrambi del VI secolo a.C. Ciò conferma che già nel VII secolo a.C. gli Istri commerciavano con i Greci dell’Apulia e con i Piceni. Molti vasi della costa orientale italiana sono stati rinvenuti nella necropoli di Nesazio, dove fu trovata pure una particolare ceramica detta Gnathia, prodotta nell’omonima città dell’Apulia. Con la conquista romana del II sec. a.C. Nesazio divenne molto probabilmente una rocca per truppe romane di guardia alla strada che da Pola, passando per Nesazio, conduceva ad Albona ed in Liburnia. Alla fine della repubblica romana, sopra il sito dell’antico castelliere venne ricostruito l’abitato, un “vicus” o villaggio sottoposto a Pola e sede di una colonia militare con il nome di Augusto Nesactium.

Probabilmente durante le devastanti invasioni longobarde o degli Avaro-Slavi, tra il VI ed il VII secolo, fu totalmente distrutto e raso al suolo. Solo il vicino castello di Momarano potè difendere efficacemente la propria posizione arroccata, rimanendo l’unico abitato dell’area sud orientale istriana dell’alto medioevo. Nesazio, infatti, quale città, non è presente nel placito del Risano dell’804 per cui la sua scomparsa si pone fra il VII e l’VIII secolo. Nesazio non scomparve, però, completamente dopo la fine del dominio romano-bizantino, ma sopravvisse ancora nel basso medioevo anche se non fu più nominato in alcun atto o documento. È noto solo un Anzelus de Mesazo che firmò l’atto d’amicizia di Pola verso Venezia nel 1243.

La tradizione di quello che fu l’epopea di Nesazio rimase viva nel ricordo degli abitanti di quest’area per tanti secoli successivi ed il nome attuale Visazze, pur storpiato, ricorda l’antica città. Nesazio, dopo la sua distruzione, fu incorporato nella contrada Rumiàn che divenne possesso, per donazione, dell’abbazia di S. Michele in Monte di Pola; poi, nel 1425, rientrò in proprietà del capitolo della chiesa di Pola. Dopo la sua scomparsa rimase solo il ricordo di Nesazio ma si perse la cognizione del sito su cui sorgeva. Appena alla fine del secolo scorso, alcuni storici e studiosi istriani, esaminarono varie ipotesi sul sito dell’antica capitale degli Istri; dopo aver vagliato scritti e documenti classici e medioevali, giunsero alla conclusione che Nesazio andava ricercato in prossimità di Porto Badò.

Del periodo romano e del primo medioevo si vede la struttura urbanistica con il grande Foro, le fondazioni di tre templi fra cui il Capitolium, il Tempio di Eia, le ampie Terme ed altre importanti istituzioni di carattere pubblico e privato; molto interessante è il timpano del tempio che si ritiene essere quello di Eia, con una testa femminile attribuita alla dea. A Nesazio sono conservati inoltre resti di costruzioni paleocristiane, importantissimi per quanto riguarda lo studio dell’archeologia di quel periodo. Tra i resti delle due grandi basiliche rettangolari e parallele del V secolo si possono notare l’abside inclusa in un rettangolo e le navate laterali, separate da quella centrale da muri continui. Questa basilica gemina paleocristiana si suppone sia stata distrutta durante le scorrerie degli Avaro-Slavi del VII secolo; tracce dell’incendio che distrusse il tempio e tre punte di freccia ricordano l’evento.