Et havendomi poi rifocillato.. a voluto poi che io mangi sette o otto bocconi di cantucci di Pisa inzuppato in un ottimo greco.
Belisario Vinta (1542-1613),
Lettera al Granduca Cosimo II de’ Medici,
30 maggio 1613

Quante mandorle ci vogliono per fare un “Cantuccino Toscano” come tradizione comanda? E quante uova? E che dimensioni deve avere il biscotto più famoso della regione e terzo più  conosciuto al mondo? In Toscana un gruppo di aziende che producono cantuccini si è riunita in associazione e ha richiesto la IGP, indicazione geografica protetta, come marchio europeo in grado di proteggere la qualità e la tipicità del prodotto toscano dalle contraffazioni. La Regione hadato parere positivo alla domanda, ora si attende che l’iter venga completato al Ministero e alla Commissione Europea. Intanto si pone l’esigenza di tutelare comunque i “Cantuccini Toscani”.Tecnicamente, il più famoso biscotto tipico della Toscana si definisce come di forma tradizionale obliqua, ottenuta dal taglio in diagonale del filone di impasto dopo la cottura, con una superficie superiore dorata e struttura interna caratterizzata da una presenza elevata di mandorle intere sgusciate (contenuto minimo 20%).

La lunghezza può variare ma è normalmente contenuta entro i 10 centimetri. Relativamente al processo produttivo, i cantuccini sono ottenuti dalla lavorazione di un impasto a base di farina, mandorle naturali non pelate, zucchero, uova fresche, burro e miele, cui segue la cottura in forno.

L’origine dei cantuccini risale almeno al XVI secolo e il nome sembra derivare da “canto”, parte di un insieme, o da “cantellus”, in latino “pezzo o fetta di pane”, una galletta salata che già i soldati romani consumavano durante le campagne militari. Il biscotto nella sua forma “dolce” si inserisce invece nel solco della nuova produzione e del consumo dolciario affermatosi, innanzitutto in Inghilterra e in Toscana e poi anche nel resto di Europa, a partire dal XIV secolo, come conseguenza di quello che gli storici hanno definito “boom dello zucchero”, seguito alla diffusione della coltivazione della canna da zucchero in Nord Africa ed Europa Meridionale.

A partire dalla seconda metà del ’500, i cantucci fecero così la loro comparsa alla corte dei Medici, anche se, come mostra la ricerca effettuata sulle ricette dell’epoca, non contenevano ancora mandorle, ispirandosi ai già conosciuti biscotto di Pisa e al parente “biscotto genovese”.

Il ‘700 fu caratterizzato dal diffondersi dei cantucci in diverse varianti, ma solo a partire dal ‘900 i cantuccini alle mandorle iniziarono ad essere prodotti in tutta la Toscana sempre più su larga scala. La presenza nella loro ricetta di burro e di agenti lievitanti li rendeva infatti un prodotto a lunga conservazione particolarmente adatto alla distribuzione di massa e all’esportazione. Hanno contribuito inoltre alla loro diffusione in Italia e nel mondo i nuovi canali commerciali affermatisi nel XX secolo: negozi di specialità alimentari e GDO.  ub