BARCELLONA – Questa casa, patrimonio Mondiale dell’UNESCO, si percepisce attraverso tutti i cinque sensi. Entrate, toccate il legno della scala. È la colonna vertebrale della casa e gira, vertebra dopo vertebra, accogliendo la vostra mano in modo ergonomico. Si perché Gaudì oltre all’estro puntava alla funzionalità.

Casa Batllò si trova al numero 43 di Paseo de Gracia e risponde perfettamente alla filosofia di Gaudì, massimo esponente del modernismo catalano: “La linea retta è la linea degli uomini, quella curva è la linea di Dio”. Gaudì si ispirava alla natura con le sue curve non euclidee ma più complesse e casa Batillò ne è la traduzione. A fine Ottocento non esisteva Autocad e tantomeno il computer, ma a Gaudì bastava sapere che la natura e l’uomo stesso sono fatti di curve iperboliche.

La casa, costruita nel 1877 da uno dei professori di architettura di Gaudí, Emilio Sala Cortés, fu acquistata nel 1903 da un industriale tessile, D. Josep Batlló y Casanovas che diede appunto a Gaudì l’incarico di ristrutturarla. Per visitarla vi consigliamo di prenotare perché la fila è lunga tutti i giorni e le entrate sono scadenzate ogni quindici minuti.

Non avrete problemi a trovarla: inconfondibile è la sua facciata scolpita in pietra arenaria di Montjuïc movimentata da un ritmo ondulato e vibrante, con ceramiche iridescenti di Palma di Maiorca, disposte per riflettere al massimo la luce del sole e infatti cangiante durante le giornate, secondo la poetica di Gaudì: “Spariranno gli angoli e la materia si manifesterà abbondantemente nelle sue rotondità astrali: il sole vi penetrerà per i quattro lati e sarà come un’immagine del paradiso. Si potrà trar partito dai contrasti e così il mio palazzo sarà più luminoso della luce”.

D. Josep Batlló diede totale carta bianda ad Antoni Gaudì che riuscì ad evitare la demolizione della casa e la rinnovò totalmente tra il 1904 e il 1906 trasformandola in un’opera d’arte capace di anticipare le avanguardie architettoniche della fine del XX secolo. Quando fu inaugurata, casa Batllò concorse per il prestigioso titolo di “migliore architettura dell’anno”, che però fu poi vinto da un altro edificio.

Gaudì la realizzò in modo funzionale per avere una buona aerazione e ventilazione, infatti i vari corpi sono disposti intorno ad uno spazio aperto centrale, il  patio, che garantisce anche l’illuminazione. Otto piani per 4300 m2, con 450 m2 di superficie calpestabile per piano. Nel patio troviamo infatti ceramica, marmo, ferro battuto e legno che si alternano in modo sinuoso e tutti gli elementi piccoli – porte, maniglie, campanelli – creati da Gaudì. Non a caso Le Corbusier lo definiva come “plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro”.

Già nell’anticamera del piano nobile è evidente come Gaudì scelse i protagonisti della sua architettura: la luce e il colore. E’riuscito a far entrare luce in tutti i punti della casa attraverso un sistema di grandi lucernari che ricordano il guscio delle tartaruga e con pareti a calce che ricordano la pelle di un animale che muta con la luce, stanza dopo stanza. Camminando nella casa è evidente come pulsi di stanza in stanza, come organismo vivo, come gli interni si fondano l’uno nell’altro nella totale assenza di spigoli e linee rette.

La prima sala ci introduce nel magico mondo di Gaudi. È lo studio di Batllò, tutto realizzato in stucco a foglia d’oro 24 carati per sottolineare l’importanza delle riunioni che qui si tenevano. Il camino è assolutamente unico, costruito in ceramica refrattaria. Le vetrate sopra le porte modellano con la luce il colore dello spazio rendendo ogni stanza irripetibile.

Il salone, famoso come la cappella sistina del modernismo, è un lavoro corale di Gaudi che per realizzarlo ha chiamato i migliori artigiani dell’epoca. Sono tre stanze trasformabili in una: uno spazio modulare che cambia a seconda delle esigenze. La porta è un unico pezzo di rovere che si adatta alla forma ondulata del tetto, e le vetrate danno un effetto acqua.

L’enorme finestrone si apre attraverso un sistema di pesi contrappesi invisibili, evidenti invece sono le maniglie con i fiori dorati. Il tetto a spirale ha al centro il lampadario originale con le sue tremila gemme di cristallo, rimasto nascosto per oltre un secolo dentro una valigia. Dal salone si vede il Paseo de Gracia – che a partire dal piano urbanistico del 1860, il Plan Cerdà, era diventato l’asse principale della città e qui infatti vivevano le famiglie più illustri – ed anche chi cammina lungo la strada può vedere le persone all’interno, soluzione studiata per mostrare a tutti l’importanza delle persone che si riunivano nella casa.

Negli anni Cinquanta Casa Batlló venne ceduta dalla famiglia Batlló ed è passata in varie mani fino agli attuali proprietari, la famiglia Bernat, che nel ’95 decise di aprirla al pubblico per permettere a tutti di godere di questo gioiello architettonico unico al mondo.

Sul tetto si apre una terrazza con un bar, i comignoli verdi ed una torretta cilindrica decorata con gli anagrammi di Gesù, Maria e Giuseppe, sormontata da un pennacchio forma di croce orizzontale che simboleggia i punti cardinali. Gaudì ha manipolato gli spazi del tetto con una plasticità scultorea: i tetti, secondo Gaudì, funzionano come i cappelli delle persone indicando la personalità dell’edificio a cui appartengono e quello di Casa Batlló racconta la leggenda di Sant Jordi – il santo patrono della Catalunya – che uccise il drago, come è evidente dalle squame che compongono la struttura.

Un’ultima annotazione: casa Batllò è il primo ente culturale a livello internazionale che può contare su un team di persone neurodiverse per l’assistenza ai visitatori.

Si ringrazia Turisme de Barcelona (http://www.visitbarcelona.com) per il supporto nell’ingresso ai vari musei della città. Vi consigliamo di rivolgervi a voi per strutturare bene e in modo semplice la vostra vacanza.​

Testo e foto di Anna Maria De Luca

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