Alla Festa della Foresta e della Filiera del legno di Longarone, presentato il “Miele del Cansiglio”. Un progetto di Veneto Agricoltura, Apat e Rigoni di Asiago che unisce certificazioni biologiche, provenienza certa e valorizzazione del territorio. E coinvolge gli storici boschi locali, habitat ideale per prodotti ad altissimo valore aggiunto.

 

miele

Non c’è solo il profumo di sottobosco a rendere importante una foresta. Non è solo quella fragranza inebriante di corteccia, muschio, terra umida a giustificare l’impegno umano per tutelare le nostre aree boschive. O la presenza di numerose specie animali tra i suoi alberi. Né è questione solo di motivazioni ambientali e del suo prezioso ruolo nella riduzione di CO2. Anzi, la storia che è stata presentata durante FILIERE LEGNO in occasione della prima Festa della Foresta organizzata da Veneto Agricoltura a Longarone, dimostra che boschi ben tutelati e ben gestiti possono essere una straordinaria occasione di reddito. Anche in settori non strettamente connessi con la filiera del legno.

La storia che stiamo raccontando, più che di sottobosco, ha infatti l’aroma e il gusto inconfondibile del miele. Lo scenario è quello, unico, del Cansiglio e della sua foresta che unisce idealmente il Veneto al Friuli. Nota da secoli alle comunità locali. La foresta forniva il legno per la costruzione dei remi e di parte delle navi dell’antica Serenissima. Qui vivono ancora piccoli gruppi di Cimbri che vi si trasferirono dall’Altopiano di Asiago all’inizio del 1800. In più, il suo microclima e le sue straordinarie risorse naturali vengono da decenni sfruttate dagli apicoltori veneti che vi portano i loro alveari per produrre eccellenti mieli monoflora: lampone e melata di abete e faggio. Un nomadismo apistico radicato. Ma disordinato e per molto tempo lasciato all’iniziativa dei singoli. Il cambio di passo avviene l’anno scorso, quando l’azienda regionale delle foreste lancia un bando per la gestione e lo sfruttamento dei 500 alveari collocati nell’area. A vincere è l’Apat, la maggiore associazione di apicoltori locali. Uno snodo cruciale per un altro progetto che intanto era in gestazione: commercializzare un miele che potesse essere davvero unico al mondo. Per almeno tre motivi: perché dotato di certificazione biologica, di un marchio distintivo di una zona di produzione ben delimitata e riconoscibile. E per di più proveniente da una foresta che da anni gode della certificazione Pefc, segno distintivo di gestione forestale sostenibile. Un progetto ambizioso che Veneto Agricoltura e Apat stavano elaborando insieme alla Rigoni di Asiago, marchio leader nella produzione di marmellate e mieli.

“Per dare valore a un territorio bisogna saper valorizzare tutte le produzioni che esso ospita” spiega Andrea Rigoni, ultimo di tre generazioni di produttori, che si occupa di api e miele fin da piccolo, sulla scia di suo nonno Antonio. Il territorio diventa così elemento di marketing: “Un miele frutto di una filiera certificata, legato a un territorio prezioso per la comunità locale e famoso per la sua salubrità ha per noi un forte potenziale di commercializzazione. Il progetto ci è piaciuto subito. Anche perché al Cansiglio siamo legati da un grande affetto”. In base all’accordo, Rigoni acquisterà oltre cinque quintali di miele biologico da due apicoltori dell’Apat e lo potrà vendere con il marchio del “Miele del Cansiglio”. I primi barattoli saranno sugli scaffali entro fine anno.

Un tipico esempio di iniziativa in cui non ci sono sconfitti ma solo vincitori. Vincono gli apicoltori che possono valorizzare il loro lavoro. Vince un’azienda italiana da anni impegnata nel biologico. Vincono le comunità locali, che vedono trasformare il proprio territorio in un valore aggiunto per le loro produzioni. Vincono i decisori pubblici, assai utili quando dimostrano lungimiranza e capacità d’azione (“Tutto questo non sarebbe stato possibile se i vertici di Veneto Agricoltura non si fossero impegnati a sbloccare le piccole e grandi questoni burocratiche”, ammette Rigoni). E poi, ovviamente, vince l’ambiente. Perché, come fa notare Giustino Mezzalira, direttore della Sezione Ricerca e Gestioni agroforestali, “habitat ed ecosistemi che hanno dimostrato di avere un valore economico evidente sono molto più difficili da distruggere”.