Da Anna Maria De Luca

 Novalesa, seicento abitanti, incastonata ai piedi del valico del Moncenisio, sotto la vetta del Rocciamelone. Qui, ultimo agglomerato urbano, si smontavano le carrozze. I viaggiatori si fermavano una notte negli alberghi di pietra. Il giorno successivo ripartivano, facendosi aiutare da qualcuno del posto per oltrepassare il Moncenisio. Molte sere, è storicamente documentato, si contavano fino a duemila muli: gli ospitati erano quasi il quadruplo degli ospitanti. Il valico fu affrontato anche da Rousseau quando, nel 1728, andò a piedi da Chambery a Torino per convertirsi al cattolicesimo. Per ricordare l’evento, durante l’incontro europeo del libro al Moncenisio, a luglio, è giunto al Plan des Fontainettes il presidente del comitato europeo Roussau di Ginevra: da luglio c’è una lapide, per non dimenticare l’illustre viaggiatore.

 Imperatori e papi, straccioni e commercianti: per passare il Moncenisio, tutti dovevano fermarsi a Novalesa. Da questa lunga storia di ospitalità e di transiti – continuata fino al 1803, quando fu costruita una strada che tagliò fuori la comunità – trae origine il tessuto urbano, con la sua via maestra (che era parte della via Francigena) sulla quale affacciavano gli antichi alberghi, le botteghe artigiane, gli empori, le osterie. In fase di restauro (inaugurazione il 20 ottobre) è la casa degli affreschi, sulla via maestra: era probabilmente una locanda, con affreschi sulle pareti esterne rappresentanti gli stemmi di casa Savoia.  Punto di riferimento per tutta la valle era, ai margini della strada che collega la valle della Dora Riparia a quella francese della Moriana, l’abbazia benedettina fondata nel 726 dC: mosaico di arte e religione, l’abbazia è un luogo dove ancora oggi si respirano  millenni di contatto con il divino.

 L’identità di ponte naturale per il transito ha fatto della valle di Susa una culla di arte e cultura alpina. Si dice che respiri attraverso due polmoni: uno locale, fatto di oggetti d’arte costruiti con il legno dei boschi, che raccontano la storia del popolo (raccolti in una rete di musei demoetnoantropologici ed ecomusei); l’altro internazionale, fatto dagli oggetti portati qui dall’aristocrazia laica ed ecclesiastica. Non a caso a Novalesa,  nella chiesa di Santo Stefano, del XVI secolo, si trova una piccola sezione del Louvre: preziose tele della scuola del Caravaggio, la Crocifissione di Pietro e la Deposizione di Cristo, del Rubens; L’adorazione dei Magi, di Le Moyne; L’adorazione dei pastori, di Daniele da Volterra; La deposizione, trasferita per volontà di Napoleone da Parigi all’ospizio del Moncenisio, e di lì a Novalesa.

 Ma come sono finite a Novalesa le opere conservate al Louvre? Due le leggende. Secondo la prima, più affascinante, Napoleone Bonaparte durante una traversata del Moncenisio sarebbe sbalzato fuori dalla carrozza a causa di una tempesta. I monaci dell’abbazia benedettina, con frizionamenti di grappa, gli fecero recuperare l’uso degli arti a rischio congelamento e dunque pare che Napoleone, per ringraziarli, abbia donato loro dei quadri del Louvre. La seconda leggenda è meno affascinante ma forse più concreta: pare che i dipinti siano una ricompensa del Governo di Parigi per il collaborazionismo dei monaci che facevano la spia all’imperatore sui movimenti dei viaggiatori.

 Il borgo, in cui è inserita la “parrocchia sezione del Louvre”, è oggi il cuore di un innovativo progetto di riqualificazione e valorizzazione curato dal Politecnico di Torino. L’intera Valle di Susa è infatti ora impegnata in un grande sogno: trasformare le risorse accumulate nella sua storia di “terra di transito” in un grande museo diffuso che si snoda tra siti archeologici, musei di arte sacra, abbazie, borgate, fortificazioni, con itinerari che consentano di visitare il variegato mosaico delle testimonianze culturali. Il progetto si chiama “Valle di Susa tesori di arte e cultura alpina” ed ha come capofila il Sistema museale diocesano che si articola, oltre che a Novalesa, anche nelle sedi di Melezet, Giaglione, San Giorgio di Susa. “

  “Il progetto –  spiega don Gianluca Popolla, che è uno dei principali responsabili – consiste nel valorizzare in modo integrato il patrimonio del territorio, facendo squadra con tutti gli enti per comunicare meglio. E’come l’arca di Noè: si conserva non per conservare me per generare nuova vita. Per questo abbiamo messo in piedi quest’anno tre eventi destinati ai giovani: Challenge stellina che parte dall’arco di Susa,  Valsusamusica 2012 e le giornate dell’archeologia che vedono i giovani della valle impegnati a spiegare ai turisti le bellezze del posto”.

 Challenge Stellina è una gara internazionale di corsa di montagna nata come incontro ufficiale riservato alle nazioni che hanno partecipato alla seconda guerra mondiale, incluso la neutrale Svizzera (in seguito si è poi aperta anche ad altre nazioni). L’appuntamento è per il 26 agosto con il Memorial Partigiani Stellina Valsusa, 24esima edizione: undici chilometri di percorso con un dislivello di circa 1500 metri che parte dall’Arco di Augusto, a Susa (edificato nell’8 a.C. per sancire il patto di alleanza stipulato tra Cozio, sovrano locale, e l’Impero di Roma) per arrivare al pianoro di Costa Rossa ai piedi del Rocciamelone, montagna simbolo della Valle. Sono previsti più di duecento atleti.

 Valsusamusica 2012, con la collaborazione della Filarmonica ‘900 del Teatro Regio, è un progetto che unisce i 2500 giovani che praticano attivamente la musica nelle scuole, nelle storiche bande dei paesi (sono più di venti). E’ davvero notevole il numero di musicisti, scuole e istituzioni impegnate nella musica: per questo si è scelto di farne mezzo per meglio comunicare la Val di Susa. Già gli eventi del mese di luglio hanno attratto dagli Stati Uniti artisti del calibro del clarinettista Richard Stoltzman, giunti qui per concerti ad alta quota.

 Archeologia a porte aperte il 30 settembre ed il 5 ottobre. Da non perdere, tra i siti da visitare, il parco archeologico Tur D’Amun a Bardonecchia, il museo di archeologia di Vaie, la villa romana di Almese, il castello della contessa Adelaide a Susa. E poi, sempre a Susa, le rocce coppellate celtiche, testimonianza della storia segusina più antica; l’acquedotto di Graziano (IV sec. d.C.); il Castrum (IV secolo d.C.), l’arena antonina (II secolo d.C.), la Porta Savoia (III – IV sec. d.C.) a cui venne addossata, nel XII secolo, la Cattedrale di San Giusto; le tracce delle antiche mura ancora conservate lungo l’antica via dei Fossali; i resti del tempio cittadino. Per prenotare le visite basta telefonare allo 011/622640.

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