Vi portiamo questa settimana a Istanbul, la “seconda Roma”, nella più antica chiesa del mondo, dedicata alla Divina Sapienza: Haghìa Sophìa. E’davvero un luogo straordinario e unico al mondo: qui cadde nel 1453 l’Impero Romano d’Oriente. Da allora le croci sono state cancellate o rimosse e molti mosaici sono stati stuccati e coperti dalle eleganti decorazioni delle moschee. Si trova esattamente di fronte alla moschea Blu, motivo per cui si decise “politicamente” di trasformare la Basilica in un museo che oggi rappresenta la sintesi di due universi culturali: Islam e Cristianesimo. Un equilibrio delicato che oggi, rischia di essere sbilanciato dai venti politici che vorrebbero farla ritornare moschea.
Aya Sofya fu fatta costruire da Costantino come cattedrale della nuova capitale, ma fu conclusa solo dopo la sua morte, al tempo di Costanzo II che la fece ingrandire e diventare chiesa episcopale di Costantinopoli. Dopo un incendio fu riedificata da Teodosio II, e riconsacrata nel 415. Della basilica teodosiana sussiste ancora un piccolo edificio circolare laterale, la sacrestia. Nel 532, Giustiniano I, dopo l’incendio scoppiato in seguito alla rivolta di Nika, si impegnò a ricostruire la Basilica come la “più sontuosa dall’epoca della Creazione”. Fu l’imperatrice bizantina Teodora, moglie di Giustiniano, ad insistere perché la Basilica di Santa Sofia fosse ricostruita ancora più grande, occupando anche parte dello spazio dell’Ippodromo di Costantinopoli, nel quale aveva avuto luogo la rivolta contro il marito. Giustiniano la accontentò. Fece arrivare materiale prezioso da ogni parte dell’impero: otto colonne di marmo verde da Efeso, otto colonne di porfido dal Tempio di Giove Eliopolitano di Baalbek, altre colonne di granito dall’Egitto. Mise in campo squadre di diecimila operai al seguito degli architetti Artemio di Tralle (Aydin) – patrizio di Costantinopoli che l’impero durante la minorità di Teodosio II – e Isidoro di Mileto il vecchio, famoso architetto e matematico e fu incaricato da Giustiniano anche del restauro delle mura di Dara in Siria. L’imperatore stesso partecipò alla costruzione della Basilica suggerendo varie soluzioni ai problemi pratici incontrati. Per costruire la cupola, Giustiniano fece arrivare da Rodi mattoni di una terra particolarmente leggera, sui quali era scritto: “È Dio che l’ha fondata, Dio le recherà soccorso”.
La meravigliosa Basilica fu completata il 27 dicembre del 537. Per quattordici giorni si susseguirono le preghiere, le celebrazioni e le distribuzioni pubbliche di denaro. Si tramanda che, alla consacrazione della chiesa, l’imperatore disse: “Gloria a Dio che mi ha fatto degno di questo! Ti ho superato, oh Salomone!”. L’incoronazione dell’imperatore si svolgeva nell’ambone. Il primo ad essere incoronato in Santa Sofia fu Costante II nel 641 mentre il primo a ricevere la corona dalle mani del patriarca fu invece Leone I nel 457. Il trono veniva posto per l’occasione al centro dell’ombelico di porpora, una grande lastra di porfido circolare, circondata da altri dischi di colore diverso, a opus alexandrinum ancora visibile nella parte sudoccidentale della navata. Durante la Quarta crociata, con la presa di Costantinopoli nel 1203, Hagia Sophia venne saccheggiata e furono trafugate la Sacra Sindone, una pietra della tomba di Cristo, il latte della Vergine Maria e le ossa di numerosi santi.
Nel 1453, I Turchi conquistarono Istanbul mentre era in corso la messa del mattino. Entrarono a Santa Sofia, massacrarono la plebe, sequestrarono nobili e benestanti come merce da riscatto, uccisero i sacerdoti e fecero a pezzi l’icona sacra della Madonna, violarono la tomba del doge Enrico Dandolo (una pietra grigia, ancora visibile nella tribuna meridionale) che era stato tumulato in Santa Sofia nel 1205, e ne dispersero le spoglie. Una leggenda racconta che quando entrarono i Turchi una parete si aprì davanti al sacerdote che vi stava officiando Messa: vi entrò con il sacro calice mentre il muro si richiudeva alle sue spalle. Sempre secondo la leggenda, ne sarebbe uscito solo quando Costantinopoli sarebbe tornata cristiana. Maometto II quando entrò a cavallo a Santa Sofia rimase senza parole, cosi come scrive lo storico Tursun Bey: “La cupola gareggia con le nove sfere del cielo [..], le pareti sono ricoperte, in luogo di intonaco, da frammenti di vetro e oro, cosicchè nessuno possa scoprirne le connessure; il pavimento è rivestito di marmi colorati tanto che chi guarda dalla terra al cielo ha l’impressione di vedere il firmamento, e chi guarda dal cielo alla terra ha l’impressione di vedere l’oceano ondoso [..] Nella cupola un abile artista ha raffigurato un uomo che da qualsiasi parte lo si osservasse sembrava guardare l’osservatore”.

Bey si riferisce al grande mosaico del “Cristo Pantocràtor”, simboleggiante il potere di Bisanzio, che però in osservanza della legge islamica sulle immagini, venne pesantemente intonacato insieme agli altri mosaici. Furono tre giorni terribili per Costantinopoli: saccheggi, violenze, distruzione di tesori d’arte, ecc. L’impero romano d’Oriente cessò cosi di esistere. Ecco come Franz Babinger, nel libro “Maometto il conquistatore e il suo tempo”, ci narra le ultime ore prima dell’assedio finale a Costantinopoli: “…Dal 26 maggio in poi si vedevano fino a notte fonda risplendere numerosi fuochi nell’accampamento turco, specialmente presso la Porta di San Romano, dove si trovava il sultano. L’intero esercito fremeva nell’ebbrezza gioiosa della promessa prossima conquista…Le grida e il giubilo del nemico erano così grandi che gli assediati credettero che il cielo stesse per aprirsi.
In seguito alla conquista turca del 1453, la Basilica di Santa Sofia divenne dunque la più importante moschea di Istanbul. La trasformazione fu commissionata da Solimano a Mimar Hodja Sinan (“il grande architetto Sinan”): furono tolti l’altare e le immagini sacre, i mosaici parietali furono intonacati e si costruirono i minareti. I primi due sulla facciata all’epoca di Murat II nel XV secolo, quello sulla destra in fondo da Maometto II; l’ultimo, scanalato, è opera di Selim II. Gaspare Fossati, nel 1935, riportò alla luce i mosaici, liberò i pavimenti in marmo dai tappeti e si scoprì un grande portico antistante costruito da Teodosio II. Fossati ha lasciato una traccia importate del suo lavoro: un album pieno di disegni e di acquerelli sui capolavori nascosti quando Santa Sofia era stata trasformata in moschea. Altri restauri furono realizzati nel 2009: secondo quanto ha scritto il quotidiano «Hurriyet», per riportare il primo dei quattro angeli alla luce ci sono voluti dieci giorni di lavoro: sul suo viso erano stati spalmati sette strati di stucco e calce. Nonostante i 160 anni di soffocamento, l’angelo è stato trovato in ottime condizioni dagli esperti, che hanno definito la scoperta straordinaria. Per la precisione, gli angeli che occupano i pennacchi della cupola di Santa Sofia sono serafini a sei ali, spesso ritratti di colore rosso, uno dei motivi più frequenti dell’iconografia bizantina, che di solito li raffigura mentre sorreggono il trono di Dio.
Nel 1936 Santa Sofia, come accennato prima, diventò museo per decisione del primo Presidente della Repubblica Mustafa Kemal Atatürk, fondatore della Turchia moderna, che in questo modo la sottrasse al culto musulmano. La storia però non finisce qua: ancora lo scorso anno migliaia di musulmani hanno manifestato per far ritornare Santa Sofia moschea e tre anni fa il parlamento della Mezzaluna aveva accettato di esaminare una petizione presentata dal cittadino turco Talip Bozkurt perche’ Hagia Sophia torni al culto islamico. Sono i gruppi dell’estrema destra e gli zeloti musulmani a premere sul governo per ottenere la ‘restituzione’ del piu’ celebre tempio di Istanbul.

Un precedente già c’è: di recente il governo di Ankara ha deciso la riconversione da museo in moschea di un’altra celebre chiesa, la Santa Sofia di Nicea (l’attuale Iznik), dove nel 787 si era tenuto il settimo concilio ecumenico.
Il tentativo di far tornare Santa Sofia una moschea è osteggiato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli: “Se deve essere riaperta al culto – ha avvertito Bartolomeo, leader spirituale ortodosso – allora dovrebbe essere di nuovo una chiesa cristiana, dato che è stata costruita per essere una chiesa non una moschea». Al su fianco si è schierato anche il Governo di Atene: “Le ripetute dichiarazioni da parte di funzionari turchi circa la conversione di chiese bizantine cristiane in moschee costituiscono un insulto alla sensibilità religiosa di milioni di cristiani e sono gesti anacronistici e incomprensibili da parte di un Paese che dichiara di voler partecipare come membro a pieno titolo dell’Unione Europea, uno dei cui princìpi fondamentali è proprio il rispetto della libertà religiosa” dice un comunicato diffuso dal ministero degli Esteri. “Le chiese bizantine cristiane sono un elemento intrinseco del patrimonio culturale e religioso del mondo e devono ricevere il necessario rispetto e protezione”.

Ankara ha prontamente reagito affermando, in una nota, che la Turchia “non ha nulla da imparare dalla Grecia nel settore della libertà di religione: Atene è la sola capitale europea nella quale non ci siano moschee aperte, nonostante una popolazione musulmana di centinaia di migliaia di persone”. Il momento storico che la Turchia sta vivendo è abbastanza delicato. Il fatto che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sia andato a pregare in Santa Sofia il 14 Aprile – cioè il Venerdì Santo, due giorni prima del referendum del 16 Aprile, fortemente voluto da Erdogan, per instaurare in Turchia una presidenza assolutista, di ispirazione neottomana e islamica – accompagnato dai rappresentanti del suo partito Akp (di estrazione musulmana) e dai capi religiosi di Istanbul lascia molto su cui riflettere. Il nuovo “sultano” cosi definito per il suo integralismo politico, lascerà Santa Sofia museo o la trasformerà nuovamente in moschea? Il 26 giugno si è consumata l’ennesima forzatura: per la prima volta un imam ha condotto la lettura del Corano all’interno della basilica, per di più in diretta televisiva nazionale, come a sigillare il gesto di fronte a tutti gli abitanti della grande nazione. Istanbul è sede del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, una delle cinque sedi principali stabilite dal concilio di Calcedonia del 451, e le reazioni da questo fronte non si sono fatte attendere: i vertici della Chiesa greco-ortodossa hanno definito il gesto una “incredibile provocazione”. Secondo il governo di Atene, “un atto anacronistico e incomprensibile, che dimostra mancanza di rispetto verso i cristiani ortodossi di tutto il mondo”.

Anna Maria De Luca

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