Tra curve e alberi, ci dirigiamo verso Colonnata. Il pomeriggio è soleggiato e la temperatura di ottobre davvero piacevole.

Imbocchiamo una strada stretta, in salita, tra il verde. A valle, Carrara, la città povera alla base di una montagna ricchissima. Ed ecco che si apre davanti a noi, la cava. È da qui che parte per il suo viaggio in giro per il mondo, il marmo di Carrara.

Avvicinandoci, tra insegne che indicano laboratori del marmo, negozi di souvenir e gastronomie di lardo di colonnata, sembra ingrandirsi sempre di più questa giganesca ferita nella montagna. Su queste cave si può dire molto ma di certo rappresentano, da secoli, reddito per migliaia di persone.

Sono 188 le cave di marmo qui a Carrara. Proviamo ad entrare, per capire cosa succede nel cuore della montagna. Prendiamo due jeep, non c’è altro modo per salire le strade impervie tra i marmi delle Alpi Apuane. Nonostante si scavi dall’epoca dei Romani, solo il 5 – 6 per cento di queste montagne – 28 km di lunghezza, tutto puro marmo – è stato scavato. Resta ancora il 95 per cento. Se scavare sia giusto o no non sta a noi dirlo ma questi blocchi di marmo destinati ad arrivare anche ai confini del mondo sono qui, strappati alla propria montagna madre, pronti a partire per portare in giro il marchio made in Italy di Carrara.

Iniziamo dalle domande banali. Possibile che ci sia ancora marmo da scavare, dato che si scava da 22 secoli? Si. Mai una cava è stata chiusa per esaurimento di materiali.

Seconda domanda banale: come si fa a scavare il marmo nella montagna? Lo vediamo nella cava Querciola.

Immaginare che dove c’è ora il vuoto, un tempo era pieno di marmo è davvero difficile. Come si è creato questo buco? Scendendo dalla cima della montagna. Si fa un perforazione verticale di 3 o 6 o 9 metri, poi si estrae la perforante e si fa una seconda perforazione che forma una L con la prima. Poi si procede con una terza perforazione. tutti con angoli di 90 gradi. A quel punto si prende un cavo di acciaio e diamanti e lo si spinge nel foro orizzontale fino a che non esce dall’altra parte.

Si collega l’anello di cavo ad una macchina che lo fa rotare e che, mentre gira, taglia da dentro la montagna, in modo rettilineo. Quando il taglio orizzontale è terminato si ricomincia. I tagli sono rapidi e serve molta acqua di sorgente per raffreddare il cavo.

Ma quale è la particolarità del marmo di Carrara? Può essere lavorato anche con utensili semplici perché ha una grana fine che lo rende saldo e compatto anche su superfici molto sottili. Usato dai dai più grandi artisti del mondo, il marmo di Carrara è un marchio che evoca il lusso, l’esclusività.

Esiste una storia legata a Michelangelo. All’epoca Carrara era un marchesato indipendente, motivo per cui il Papa chiese a Michelangelo di cercare il marmo dall’altra parte della montagna. Ma non lo trovò. Oggi il marmo di queste cave finisce nelle moschee, nelle chiese, negli alberghi…

Altra domanda banale. E il marmo di Pietrasanta? I laboratori di scultura erano 18 a Pietrasanta, centinaia quelli di Carrara. Per invertire la rotta destinata a tenere Pietrasanta in ombra, il Comune iniziò ad invitare grandissimi artisti a Pietrasanta, il resto della storia è noto.

Ora passiamo nella seconda valle. Qua ci sono 66 cave ma non si vede alcun recinto tra una proprietà e l’altra. Come funziona?

Qualunque cosa venga trovata al di sotto dei 45 cm di profondità è di proprietà statale. Questa legge vale ovunque tranne che a Carrara dove le cave sono private. Perché? La motivazione è nella storia.

Fino a 173 anni fa Carrara era un marchesato feudale indipendente, insieme a Massa: non era Toscana, né Liguria. Era governato da marchesi che hanno pensato bene di inventarsi un modo per guadagnare minimizzando il rischio di impresa che è ancora oggi, nonostante tutta la tecnologica esistente, difficile da calcolare: è impossibile prevedere quanto si caverà. Quindi? La marchesa Malaspina trovò una soluzione geniale: scrisse la legge delle vicinanze. Decise cioè che ognuno aveva il diritto di cavare marmo dove voleva, a patto che dichiarasse ad un suo impiegato quale pezzo di montagna prendesse per sé. L’impiegato doveva solo controllare che quella parte di montagna fosse libera. In sostanza, la marchesa regalò la montagna ai sudditi e rinunciò anche alla riscossione delle tasse, tranne una: il pedaggio sulla strada che, fino a otto anni fa, collegava le 188 cave al mare. Così facendo, la marchesa poteva guadagnare senza scavare nulla, senza rischiare nulla, e così facendo incentivava l’escavazione. Questa legge del 1751 non è mai stata abolita quindi ancora oggi le cave sono private ed esenti da tasse di escavazione. Oggi però strade sono ormai pubbliche e Carrara resta così una delle città con il più alto debito pubblico.

Ultima domanda banale: avere una cava significa essere sicuramente molto ricchi? Non è matematico, non esiste una equazione “cava uguale milioni di euro” . È più probabile che ci siano invece stagioni ti fortuna alterna. Tirare fuori dalla montagna un blocco di marmo sano costa circa 100 euro e lo si vende a circa seimila. Tirarne fuori uno brutto costa uguale ma lo vende a poco, per esempio per fare le barriere frangiflutti o in mercati non occidentali dove lo pagano a 20 euro alla tonnellata. Come dice la nostra guida, in tutte le cose del mondo vale la regola delle 5 C: servono cuore, cervello, coraggio e culo. Basta poco per passare dalla ricchezza alla normalità e viceversa, con il marmo.

Sono 22 secoli che queste cave rendono felici architetti e artisti di ogni sorta, ma nessuno, quando guarda una statua, pensa a chi ha escavato quel marmo ed ha chi lo ha portato a Roma. Da oggi, ogni volta che guarderemo una statua, inizieremo a pensare a tutti quegli uomini che, nel silenzio del lavoro quotidiano, permettono ai grandi artisti di esserlo. Lavorano 40 ore la settimana, ma dove? Entriamo ancora di più in questa storia, nel cuore della montagna. E stoppiamo le parole.

(testo e foto di Anna Maria De Luca)

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