Con Il cavaliere inesistente, Italo Calvino ha dato vita a uno dei personaggi più suggestivi della letteratura novecentesca, capace di segnare la crescita di molte generazioni. Agilulfo è pura forza di volontà; nei modi e negli ideali, è il migliore dei paladini, se non fosse che non esiste. L’avventura di questo eroe impossibile affronta i temi dell’amore e della guerra, ribaltando ironicamente l’immaginario e le gerarchie della chanson de geste.

L’imperatore Carlomagno, il suo esercito e il conflitto coi Saraceni sono rappresentati come un sistema ormai prevedibile e insensato; i protagonisti delle gesta non sono i gloriosi personaggi dell’epica cavalleresca, ma personaggi marginali, fuori dai canoni e quindi potentemente contemporanei. A coronare questo ribaltamento c’è la cornice narrativa, affidata all’arguta Suor Teodora, che in quanto monaca si dice ignara delle cose di guerra e riferisce le vicende del cavaliere Agilulfo attingendo a fonti indirette e misteriose.

Presentato come un atto di penitenza, il suo tentativo di ricostruzione dei fatti nasconde un intento segreto, che cela una lucida e profonda riflessione sulla scrittura. Per Calvino, il terzo e ultimo capitolo della Trilogia degli Antenati rappresenta il romanzo della disillusione, e ci parla di una crisi esistenziale, perché artistica, politica, amorosa. La sua materia narrativa viva, cangiante, a tratti inafferrabile, racconta un percorso di scoperta labirintico, in cui crollano convinzioni e convenzioni. Una quête aggraziata e disperata, attraverso cui l’autore prova a comprendere sé stesso, per ridefinire il proprio modo di vivere e creare, per trovare il coraggio di andare incontro al futuro. Lo spettacolo, realizzato tramite una collaborazione affiatata tra regia, drammaturgia e scenografia, traspone il romanzo sulla scena, mettendo al centro i suoi tre elementi principali: una voce narrante di donna, un cavaliere che non c’è, un gioco fanciullesco di guerra e di amore.

La messa in scena è affidata al talento di quattro attrici poliedriche che, in veste di monache contadine, alternano narrazione e azione, immagine e canto, dando voce alla musica della prosa calviniana. Oltre a dare corpo agli strampalati protagonisti della storia, le quattro interpreti evocano in scena il cavaliere inesistente per mezzo di un grande puppet, costruito per esaltare l’incanto del gioco teatrale.

Il resto, come vuole la specificità dello spettacolo dal vivo, è affidato all’incontro tra palco e platea: grazie all’antico patto immaginifico tra attori e spettatori, Il cavaliere inesistente apre le porte di una dimensione magica, dove tutto è possibile, l’invisibile appare e ciò che non esiste è più concreto della nostra stessa carne.

scene Alessandra Solimene
immagine di Tommaso Capodanno
foto di scena Claudia Pajewski 

Si ringrazia per la gentile collaborazione Marco Angelilli

produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale

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