Mosul, 2017. Gli uomini dell’ISIS lasciano la seconda città dell’Iraq dopo tre anni di barbarie. Prima, solo poche videochiamate, permesse da una connessione internet incerta, sono state l’unico fragile filo a unire Younis Tawfik, trasferitosi a Torino nel 1978 per imparare la lingua di Dante, e la sua famiglia, ostaggio del fanatismo. Dallo schermo del pc, la mamma racconta di uccisioni sommarie, segregazioni, discriminazioni. Il Paese laico e multiculturale degli anni Settanta è un ricordo lontano. L’autore, tra i maggiori esperti di Medio Oriente in Italia, mostra senza veli le ferite provocategli dal terrorismo in prima persona, mettendosi a nudo in pagine dolorose che raccontano dell’uccisione di suo fratello per mano di al-Qaida o di tutte le sofferenze sopportate dalle sue sorelle in patria; non prima, però, di avere tracciato un efficace quadro storico per comprendere le radici ideologiche e culturali dello Stato Islamico, sorto sulle ceneri del sogno pan-arabo e con l’illusione di riscattare le sconfitte dell’antico califfato abbaside.

Morire per una giusta causa potrebbe essere un’impresa nobile. Sicuramente scioccante, ma qualcosa che possiamo accettare. Tuttavia nessuna fede raccomanda di uccidersi togliendo la vita a un altro essere umano. Nella loro essenza, nel loro più autentico messaggio spirituale, le tre religioni monoteiste propongono valori morali elevati e un annuncio di autentica salvezza per l’uomo che non contempla mai la possibilità di annientare l’altro, il diverso, il quale invece deve essere sempre accolto e riconosciuto come membro della grande famiglia umana. Le tre religioni amano talmente la vita da vietare persino la possibilità di togliersi la propria, figuriamoci quella degli altri. Certo, un uomo di fede può avere dei dubbi sulla propria esistenza, può impegnarsi a smascherare gli idoli – anche quelli del nostro tempo – ma non può mai arrivare a giustificare azioni violente, tantomeno quelle nichiliste dei moderni kamikaze jihadisti. Per parlare di ISIS, di quello che è successo e che sta ancora accadendo in terre solo apparentemente lontane dal nostro Paese, voglio partire proprio da qui. Da una coppia di parole: Jihād e kamikaze.

YOUNIS TAWFIK è nato a Mosul, in Iraq. Nel 1979 si trasferisce a Torino dove nel 1986 si laurea in Lettere, per poi dedicarsi alla divulgazione della letteratura araba (traducendo autori quali Gibran) e collaborare come opinionista a testate come “Repubblica”, “Il Mattino” e “Il Messaggero”. Attualmente presiede il Centro culturale italo-arabo di Torino “Dar al-Hikma” ed è membro della Consulta islamica in Italia. Ha pubblicato libri di poesia e vari saggi e romanzi, soprattutto per Bompiani. Da La straniera (2000, vincitore del Premio Grinzane Cavour) è stato tratto l’omonimo film con la regia di Marco Turco. Per Oligo ha pubblicato La sponda oltre l’inferno (2021, secondo classificato al Torneo Robinson di Repubblica).

Pagine 172, prezzo 16 euro, in libreria dal 19 aprile

OLIGO EDITORE

COMMENTA