Terre ancora da scoprire 

Al centro del Mediterraneo, il massiccio dell’Aspromonte è oggi un parco nazionale ancora tutto da scoprire, fuori dalle rotte del turismo di massa. Che il nome derivi da “apro” o da “bianco” poco importa: avete di fronte a voi più di 65 mila ettari di biodiversità, 1.500 specie diverse e 37 comuni dove il tempo sembra essersi fermato. Il centro abitato più alto è Gambarie, una delle porte naturali del parco nazionale dell’Aspromonte, a 1300 metri. Partiamo da qui per raggiungere la vetta più alta: Montalto (1.955 m), dove si apre un meraviglioso panorama sulla costa calabra e siciliana.

Tecnicamente, il territorio del Parco d’Aspromonte si trova all’interno della città metropolitana di Reggio Calabria ma la forza misteriosa della natura imponente che esplode in tutta la sua bellezza in questa stagione, tra i prati punteggiati dal giallo delle ginestre e il verde delle faggete, riporta a tempi ben diversi, che palpitano ancora oggi nelle caratteristiche geomorfologiche formatesi nell’era Terziaria e Quaternaria. Un patrimonio geologico noto nella letteratura scientifica come arco Calabro Peloritano ed attualmente candidato all’UNESCO Global Geoparks, la rete dei Geoparchi mondiali. Lungo le fiumare che un tempo separavano le polis, pioppi, salici e ontani dominano il paesaggio, tra “relitti del Terziario” come la felce bulbifera gigante.
Fermatevi a pranzo al  Rifugio Biancospino, immerso nella natura sorge a 1260 metri, per poi proseguire nel primo pomeriggio con il birdwatching: “ponte” naturale verso la Sicilia, e dunque verso l’Africa, l’Aspromonte è luogo privilegiato di rapaci “veleggiatori” che invece di sforzarsi in un faticoso volo battuto su ampi tratti di mare, intelligentemente utilizzano le correnti d’aria calda che si formano sul Terreno per scivolare con poco sforzo verso le latitudini meridionali. Sono circa 30 mila gli animali che ogni anno volano sull’Aspromonte diretti in Africa, dal falco pecchiaolo al falco di palude, dal nibbio bruno, all’aquila minore alla rara cicogna nera. Per studiarli ci sono tre stazioni di osservazione, con esperti e ausiliari, incaricati dall’Ente e coordinati dal personale del Parco. Lo scorso anno, grazie alla sinergia con Federparchi e l’Istituto Centrale del Credito Cooperativo (Iccrea-Banca), il Parco ha concluso il primo studio sistematico  sull’aquila reale e sul gufo reale: una ricerca complessa, che è andata oltre i confini amministrativi dei comuni del parco, e che ha portato a risultati sorprendenti  che hanno generato altri studi tutt’ora in corso per garantire la conservazione delle loro popolazioni.

Continuate il pomeriggio a Canolo, dove si aprono le cosiddette Dolomiti del Sud, per conoscere le donne pastore che fanno il pane con lievito madre nei forni comunali. Ristrutturati recentemente, i forni vengono fittati dalle signore rimaste in paese che li usano per confezionare le pagnotte da spedire ai figli emigrati al nord o all’estero. Un profumo che attraversa l’Italia portando con sé l’amore materno e l’amarezza dell’emigrazione.  E proprio per dare possibilità di lavoro ai giovani, il Parco sta tentando un’operazione delicata quanto difficile al sud: coinvolgere le associazioni del territorio. Il presidente del parco, Giuseppe Bombino, racconta la rivoluzione culturale del proprio mandato: porre il parco al centro dello sviluppo del territorio. Vanno in questa direzione i campi di volontariato per giovani, l’istituzione della prima Rete dei Musei del Parco (dal museo di Paleontologia, unico nel sud per importanza e numero di reperti al Musaba di Mammola,  dal museo dell’olio a Bangladi a quello dei Santi Italo-Greci a Staiti) e tutte le iniziative per accompagnare i pastori a diventare eco pastori, fino a firmare contratti di responsabilità che  premiano economicamente i pastori se non si verificano fuochi nelle terre a loro affidate. Risultato: “per due annualità il territorio dell’area protetta non è stata interessata da incendi di grande rilievo. Dati che assumono maggiore rilevanza e significatività se rapportati agli scenari dell’intero territorio italiano”. Intanto, più di 50 tra allevatori e pastori hanno formato la prima cooperativa “La Via Lattea”, per realizzare il primo caseificio sociale del Parco.

Tra i progetti in corso, la valorizzazione naturalistica e turistico-ricreativa dell’invaso del Menta,  per favorire la sosta e la nidificazione di specie acquatiche. In programma  sistemi a zattere galleggianti, piazzole di pesca e punti di  birdwatching, mountain bike, canottaggio e  la realizzazione di micro habitat per lepidotteri e la “Casa dell’acqua”: un laboratorio  aperto anche al pubblico per attività di educazione ambientale. Importante notare come, dei complessivi 13 milioni di euro destinati dal Piano di Sviluppo e Coesione 2014-2020 per le infrastrutture verdi del sud, il Parco sia riuscito ad intercettare ben 9,6 milioni per il piano straordinario di riqualificazione della percorribilità interna, segno della grande volontà di crescita e di futuro, di una capacità gestionale che vuole aprire un nuovo corso nella storia del Parco.

L’esplorazione dell’Aspromonte è un viaggio fuori e dentro il tempo dell’anima e del mondo. Proseguite fino ad arrivare, a bassa quota,  tra i boschi di leccio,   esempi unici a livello nazionale: più che alberi sono porte che si aprono verso il passato, dove ancora oggi gli studiosi vanno ad osservare le dinamiche evolutive della natura. Centotrenta chilometri di sentieri sono già stati riqualificati ed in progetto ce ne sono altri, per ben 186,30 chilometri. Tra tutti, vi consigliamo il Sentiero dei Carbonai, chiamato anche bosco delle fate (Monte Basilicò, a Gambarie) ed il Sentiero dei terreni rossi, chiamato anche bosco di Gambarie (Monte Scirocco). Nel sito dell’Ente Parco è stata pubblicata una prima parte del Catasto dei Sentieri consultabili tramite app anche off-line ed è stata lanciata l’iniziativa  “Adotta un sentiero del Parco” per coinvolgere le associazioni del territorio. Salendo di quota, vedrete la rovere meridionale che si mescola a pinete maestose e, ancora più in alto, al faggio. E’come una danza di altitudini, dove in ogni area troviamo un protagonista che suona la sua musica, ascoltata da animali antichissimi come la testuggine di Hermann, dalla colorazione giallastra con macchie nere, la salamandra pezzata, la salamandrina dagli occhiali e l’ululone appenninico. Nella vallata delle Grandi Pietre,  ecco il farnetto, una quercia dalle grandi foglie e dai profondi lobi; nelle zone più alte, le faggete  di Monte Scorda e Zervò, studiate a livello internazionale per le capacità di adattamento e di accrescimento. Sul versante ionico, dominano invece i Giganti di Acatti e Afreni di San Luca. E, in questo magico mondo sopravvissuto al tempo,   il lupo,  il gatto selvatico,  il ghiro ed il piccolo driomio (che si può trovare solo qui e in Friuli). Dalla fine del 2011 sono ritornati anche i caprioli, introdotti nell’ambito di uno specifico progetto di tutela che ha riportato in natura una specie assente da circa un secolo. Mascotte del parco è lo scoiattolo nero, particolare per la colorazione nera della pelliccia, anziché marrone.

Montagna, boschi e rapaci: il fascino wild dell'Aspromonte

Lo scoiattolo del Parco dell’Aspromonte

Tra i boschi più belli da esplorare  segnaliamo i sei vetusti:  il bosco Mancuso, a San Luca, unico vero esempio in Italia di una fustaia di leccio su cinquanta ettari. Ci si arriva percorrendo il sentiero 103 che porta al centro di Polsi. Sempre a San Luca, il bosco Ferullà, con la maestosa presenza dei geositi internazionali della Vallata della Grandi Pietre, quello di Acatti (che è il bosco di pino calabro più importante del Parco) e, in una delle aree più interne e isolate del Parco,  la Valle Infernale.  E’ una faggeta, mista ad abete bianco ed acero, rifugio di lupi, che si trova nell’area di proprietà dello Stato gestita dall’Ufficio Territoriale Biodiversità dei Carabinieri Forestali.  Tra Gambarie e la Diga del Menta, merita una visita il bosco Tre Limiti (a Roccaforte del Greco):  habitat ideale per diverse specie, ha piante centenarie. Se volete vedere alberi con oltre cinquecento anni di vita, arrivate al bosco di Pollia,  dove domina la  rovere meridionale, specie tipica e caratteristica del territorio aspro montano che, durante l’ultima glaciazione, ha fornito rifugio per parecchie specie.

Tappa obbligata in Aspromonte sono i cinque “salti”  delle Cascate Maesano, a quasi 1200 metri di altezza: è uno dei luoghi simboli dell’Area Protetta. Arrivate al Monte Fistocchio,  sospesi nella natura incontaminata e infine, il must: Pietra Cappa, uno dei misteriosi monoliti più grandi d’Europa a dominare la “vallata delle grandi pietre”

Anna Maria De Luca

COMMENTA