Un libro per sognare, scritto da Mauro Francesco Minervino, professore di antropologia culturale ed etnologia, autore di diversi e premiati libri, oltre che di programmi Rai e di una rubrica di commenti antropologici sul Corriere della Sera.

Viaggio al Monte analogo, il monte Cocuzzo, la montagna – arca” è uno stupefacente racconto del rilievo che si trova tra Mendicino, Longobardi, Lago, Belmonte Calabro e Fiumefreddo Bruzio, in provincia di Cosenza. Cocuzzo, in latino Cacutium, in greco antico κακός κύτος (kakos kytos), significa “cattiva pietra” o “cattiva cavità”. Per Minervino, che ne fa un racconto in prima persona, è la “sua” montagna essenziale, il suo vertice dell’anima, narrato con penna delicata e potente, sorprendente nelle acrobazie con le quali riesce a seguire il flusso dei pensieri.

Minervino non ha mai smesso di dipingere il monte nella sua memoria. Per lui è la montagna sacra, luogo di culto personale e collettivo intriso di leggende, di miti, di memoria antiche e tradizioni, di particolarità naturali e geologiche e di determinanti storiche. Con la sua inconfondibile penna, Minervino ci racconta un luogo che gli restituisce impressioni non solo visive ma anche tattili, “il tono indecifrabile di certe voci, corti di volti ed affetti perduti, ricordi e sensazioni volubili che si palesano in un attimo e poi fuggono come ombre di passaggio sul foglio della sua grande sinopia scagliata nel cielo controluce”.

Scrive l’autore: “Ormai sono anni che scruto il mio Monte della vita alla ricerca di un senso che mi contenga, allo stesso modo in cui Cézanne pose per centinaia di volte il suo cavalletto di fronte alla mole densa di gradazioni della montagna Sainte – Victoire, consapevole dell’inevitabile relazione di incertezza e di sorpresa determinata dal suo nuovo punto di vista nell’osservazione di quella magica evidenza della natura. Nell’uno e nell’altro caso contano la forza dell’osservazione, la costanza dello sguardo, un certo allenamento a indagare il luogo oltre la sua evidenza”.

E senza dubbio nessuno può narrare meglio di Mauro Francesco Minervino il monte Cocuzzo, i piccoli villaggi di case basse di pietre e mattoni, i tetti rossi della creta dei coppi immersi nel verde della macchia degli ulivi e dei castagneti, più in alto, con i piccoli poderi e qualche campo da arare chiuso dai muretti dei terrazzamenti delimitati della pietra a secco, premio alla pazienza e alla fatica. Di quei posti riconosce persino l’odore del pane che lo porta nei ricordi lungo cammini eccentrici e malinconici fino alla panetteria di Mendicino, anche ora che quel vecchio forno non c’è più e non c’è più nessuno che si ricordi e sappia dire che fine abbia fatto la sua conturbante e silenziosa fornaia.

“Il centro del mio mondo, il punto che cerco sempre con gli occhi e col cuore per sapere dove sono, se sono io, se sono dove dovrei essere. Monte Cocuzzo mi attrae come un enorme magnete, sempre con la forza di un presentimento. È la mia montagna celeste, luogo di vaticini, come Delfi che nell’antichità era considerata il centro del mondo”.

Anna Maria De Luca

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