L’ascesso all’occhio sinistro si era esteso fino alla cornea. I medici disperavano. Non c’era più niente da fare per salvare l’occhio del piccolo Francesco. Sua madre, Vienna da Fuscaldo, decise di ricorrere allora a San Francesco d’Assisi. Fece un voto, per la guarigione del figlio. Era la seconda volta che Vienna si rivolgeva all’intercessione del Santo di Assisi: la prima per stata avere la grazia di un figlio, pur trovandosi già in età avanzata. E per questo lo aveva chiamato Francesco. Certo, non sapeva che quel bambino era destinato a diventare anche lui santo, san Francesco di Paola.

Il Santo di Assisi esaudì anche la seconda richiesta di grazia per quel fanciullo che portava il suo nome. La  malattia si risolse senza quasi lasciare traccia. Un giorno, quando aveva dodici anni, Francesco sognò il suo protettore che gli diceva che era arrivata l’ora di sciogliere il voto, E cosi, Vienna e il marito, nel 1428, si avviarono da Paola, a piedi, attraversando la Calabria per sei miglia, insieme al figlioletto. Arrivarono a San Marco Argentano davanti alle porte del convento che era stato soppresso nel 1240 da Federico II ma che era stato poi riaperto al culto nel 1320. E lasciarono li, il tanto amato ed atteso Francesco, per un anno.

A soli dodici anni Francesco si ritrovò cosi in convento, lontano da casa. In realtà proprio solo non era: nel convento c’era una persona che Francesco già conosceva bene. Era il suo maestro, padre Antonio di Catanzaro. Per un anno, come promesso, indossò il saio francescano (è una promessa che tante mamme paolane fanno ancora oggi al santo, in attesa di una grazia particolare). E proprio quel saio, preziosa reliquia conservata a Napoli, è rientrato nei giorni scorsi nel convento di San Marco, tra le  austere pareti in cui il dodicenne Francesco, seguendo il suo maestro ed il vescovo monsignor Luigi Embriaco, crebbe nella fede e nell’obbedienza e cominciò ad operare i primi miracoli.

A San Marco Francesco pregava, aiutava in cucina, andava nel bosco a raccogliere la legna. Andava  a meditare nell’ex orto del Convento – che ora è la villa comunale – in una grotta scavata nella pietra: un luogo umido e buio, a gradini, noto come “La Benedetta” , poi incorporata in una Cappelletta. In quell’anno il futuro Santo progredi nella conoscenza del divino e di se stesso e le sue attitudini mistiche emersero sempre più, compresi quei fenomeni soprannaturali che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.   Aveva il dono della Bilocazione: un giorno fu trovato contemporaneamente in cappella, mentre pregava, ed in contemporanea in cucina mentre aiutava il cuoco. Un’altra volta,  mentre  serviva la Messa, ebbe da un sacerdote l’incarico di andare a prendere la brace per il turibolo. Francesco dimenticò di prendere il recipiente e così, per fare prima, portò la brace nelle mani, senza scottarsi. Un altro giorno fu incaricato di cucinare i legumi per tutti i frati. Mise il pentolone con le lenticchie ed andò a pregare nella cappella dimenticandosi di accendere il fuoco.  Lo ritrovarono sollevato vari centimetri sopra il pavimento, in estasi, mentre guardava il Santissimo Sacramento. Quando si accorse che era l’ora di pranzo e non aveva ancora cucinato, corse in cucina, fece un segno di croce sulla pentola e dopo pochi secondi i legumi erano già cotti e serviti.  Concluso l’anno, i frati avrebbero voluto trattenerlo con loro, ma Francesco conservava il desiderio di conoscere anche altre modalità di vita consacrata prima di fare la sua scelta e cosi decise di ritornare a Paola dove iniziò la sua vita eremitica.

Oggi il convento di San Marco Argentano è uno tra i più antichi esempi di architettura francescana in Calabria: la fondazione pare si debba a Pietro Cathin, discepolo e sodale di Francesco d’Assisi. Ha una navata unica introdotta da un portico con archi a tutto sesto e un abside rettangolare coperto da volte a crociera costolonate. L’originaria fisionomia dell’edificio venne stravolta nel XVIII secolo, quando padre Anselmo da Mottafolonne fece adornare le pareti con costruzioni di gusto barocco.  Nel 1517 venne affidato ai Conventuali, in seguito passò agli Osservanti e dopo ancora ai Riformati.

Il ritorno (anche se solo per pochi giorni) dell’abitino indossato da Francesco è stato celebrato solennemente anche dalle autorità civili di Paola, che si sono recate a San Marco per partecipare all’evento (nella foto Maria Pia Serrano con la fascia tricolore in sostituzione del sindaco paolano) sottolineando il gemellaggio dei due paesi nel nome del Santo. La reliquia miracolosa normalmente viene venerata e custodita nella bellissima Basilica Reale Pontificia di Piazza del Plebiscito in Napoli: nel 1481 alla corte del re di Napoli, San Francesco fece uno dei suoi miracoli più noti. Il re volendo provare la sua santità, gli aveva  fatto portare un vassoio pieno di monete d’oro da utilizzare per la costruzione di un convento. Il Santo, in tutta risposta prese una moneta in mano e la spezzò: ne fuoriusci il sangue dei sudditi vessati dal re, sfruttati e mal pagati per il loro lavoro. E Napoli, per riconoscenza, dedicò al Santo la chiesa neoclassica che si trova nella sua piazza più importante e bella, per pregare davanti al suo piccolo abitino.

Anna Maria De Luca

 

 

 

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