Questa è la storia di un libraio che si alza alle 4,55 per andare a lavorare in un’altra città e che legge la realtà che gli si presenta come fossero le pagine di un libro. Ciò lo rende diverso dalla maggioranza delle persone: felice di essere straniero, a tratti preoccupato per la fatica che questa diversità comporta. Camminando osserva gli alberi e riflette sul metodo migliore per riuscire a sopravvivere, economicamente e poeticamente, incapace com’è di accettare ingiustizie sociali e diseguaglianze che sempre più spesso vengono ritenute normali e inevitabili. Il suo desiderio è quello di non tradire la “visione”, quando tutto invece sembra orchestrato per renderci ciechi. Visioni sperimentate per la prima volta da ragazzo, e che le difficoltà della vita quotidiana sembrano rendere meno frequenti. Che si trovi su un treno, in un bar oppure nella libreria in cui lavora, che vaghi solitario o insieme ad altre persone, le sue associazioni d’idee ci accompagnano in un viaggio che coinvolge chi, come lui, è ancora sensibile alla bellezza. Felice chi è diverso è un romanzo che racconta una vita sospesa fra candore e fervore, un libro che abolisce la fretta per ricordarci che il difficile non è vivere, ma farlo in modo autentico.

«Mi alzavo alle 4,55 per andare a lavorare. Ero abbastanza contento, anche se sul treno dei pendolari raramente incontravo intellettuali […]. Mi sarei potuto alzare anche alle cinque del mattino, cinque minuti a certe latitudini orarie possono fare la differenza, ma avrei dovuto fare tutto di corsa. Anzi, avrei dovuto proprio correre. A volte immaginavo di farlo davvero. Di chiudere senza rumore il cancelletto grigio del giardino della casa in cui abitavamo, osservando con dispiacere i due abeti potati male che mi facevano venire in mente le donne di Egon Schiele, per poi iniziare a correre fino alla fermata della metropolitana, dosando la forza degli allunghi, perché fermarsi, in questo gioco immaginario per non perdere la metropolitana e di conseguenza il treno, non valeva. Passavo comunque venti secondi a guardare con attenzione i due abeti potati male il giorno di santa Lucia dai barbari armati di camioncino, motosega e scala elevatrice. Il dispiacere si trasformava in sgomento quando i miei occhi planavano sul ceppo del terzo abete del giardino, quello che con i suoi rami verdi e profumati era il più vicino al nostro balcone, facendo naturalmente ombra durante la stagione estiva, abbattuto nell’ipotesi che l’intero albero, o parte di esso, potesse cadere e danneggiare la casa in cui vivevamo. Il ventomoto che nell’ottobre 2018 si era scatenato sull’Italia del nord sradicando, secondo le stime, circa dodici milioni di alberi, aveva lasciato tracce nella testa delle persone. Molte piante erano cadute, e qualcuno aveva consigliato ai proprietari di abitazioni con alberi in giardino di sfoltirle o sopprimerle, per evitare a tronchi e rami di atterrare rovinosamente su tetti o individui, spinti dalle feroci raffiche di vento, prive di dolcezza. Il risultato era che, nel quartiere più verde della piccola città, troppi alberi vicino alle case erano stati abbattuti o potati senza pietà, a causa di una paura insensata e di una serie di dozzinali interventi privi di senso estetico».

Francesco Savio è nato a Brescia nel 1974. Ha pubblicato Mio padre era bellissimo (Italic, 2009), tradotto in Francia col titolo Mon père était très beau (Le dilettante, 2012), Il silenzio della felicità (Fernandel, 2013), Il fuorigioco sta antipatico ai bambini (Ediciclo, 2014), La sottovita (Mondadori, 2019), Il Balotelli letterario (peQuod, 2021).

FRANCESCO SAVIO

Felice chi è diverso

Pagine 112, prezzo 13 euro

Fernandel

In libreria il 15 settembre 2023

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