Un libro che racconta la storia di amore tra un giovane di Pescara, Gabriele De Marinis, nipote di Gabriele D’Annunzio, e una ragazza di Castellammare, Antonietta Franceschini, sullo sfondo della Prima Guerra Mondiale. Un amore che si sviluppa attraverso le circa cento lettere che raccontano i sentimenti dei due ragazzi ma anche le vicende locali e quelle del fronte e come si viveva in quei giorni, dal luglio del 1917 al dicembre del 1919, quando il giovane tornò in congedo sperando di vivere con tranquillità la sua storia d’amore.

Il romanzo è tratto da lettere vere risalenti alla Prima Guerra Mondiale, di proprietà del museo della lettera d’amore di Torrevecchia Teatina, in provincia di Chieti, trascritte dall’autore, Licio Di Biase, che ha già pubblicato vari libri sulla storia di Pescara, tra cui “La grande storia. Pescara e Castellamare dalle origini al XX secolo”. La narrazione procede in modo semplice e ci dà la possibilità di vivere dall’interno quel periodo storico, arricchendo la nostra conoscenza della prima guerra mondiale.

E’ l’agosto del 1917 e Gabriele torna dall’Albania, da un’operazione “umanitaria” trasformatasi in un’operazione di occupazione, perché contagiato dalla malaria. Attraverso le lettere, che iniziano un anno dopo il loro primo incontro alla festa della Madonna dei sette dolori, si sviluppa il rapporto tra Gabriele e Antonietta. Lei scrive, l’11 luglio del 1917: “Non sarebbe contrario il mio cuore di corrispondere al suo amore ma troppi sono gli ostacoli che si parano innanzi. Prima di ogni altra cosa so che lei è di famiglia per bene e che faceva l’amore con un’ altra ragazzache dovette lasciare per contrarietà della sua famiglia dovuta alle condizioni della ragazza. Io in questo caso sarei la seconda perché io pure, data la mancanza del capo di casa, osssia del caro papà, sono costretta a lavorare per vivere. Non è mia abitudine amoreggiare per passatempo ma desidero dedicare il mio cuore e il mio affetto ad una persona che contraccambia e che ciò abbia un buon risultato, un esito felice per farmi sua. In tal modo è lei che deve riflettere, non io che ho apertamente manifestato la mia condizione. Anche perché ho un fratello che sfortunatamente ora trovasi al fronte e che sarebbe capace di farmi qualsiasi cosa, qualora venisse a sapere che mi fossi messo ad amoreggiare senza alcun fondamento. Lei che conosce i sentimenti di quelli di casa su,a agisca da persona seria. Il mio consiglio è di non fare cose contrarie ai suoi genitori perché non riesce mai bene. Contraccambio ossequi e, mi creda, devotissima Antonietta, La prego di non far sapere niente ai suoi amici“. In altre parole: mi interessi ma se non possiamo sposarci è inutile iniziare una storia.

Per Gabriele è una felicità ricevere questa lettera. Risponde subito spiegando che la precedente fidanzata era stata lasciata non per volontà dei suoi genitori ma per mancanza di serietà della ragazza stessa. Antonietta riceve la lettera e reagisce con titubanza, non sa se credere alle sue parole, ma comunque i due si danno appuntamento per settembre, quando il ragazzo tornerà a Pescara in licenza. Comincia così una serie di corrispondenze che porterà i due ragazzi ad approfondire il loro amore epistolare. Roba d’altri tempi, difficile da leggere oggi che l’amore corre sul filo di WhatsApp e i tempi di reazione si misurano in secondi. Sono pagine che raccontano sentimenti antichi ma sempre attuali perché l’emozione, al di là dei tempi, dei luoghi e delle guerre, resta sempre emozione.

Un romanzo da leggere che ci aiuta a capire un pezzo di storia vissuto dal di dentro, a cominciare dal diverso comportamento, più umano, che Diaz, rispetto a Cadorna, aveva nei confronti dei militari, alla stregua di un allenatore. Le lettere raccontano, in quattrocentocinquanta pagine (Vertigo Editrice) aspetti storici di grande rilevanza: come, dopo Caporetto, Diaz rianimò lo spirito dei ragazzi in combattimento e come questa nuova energia si diffuse, la paura di Antonietta, nel settembre del ’19, che il congedo del suo amato saltasse ancora – come in effetti avvenne – perché lo zio di lui, Gabriele D’Annunzio, aveva messo in atto la propria azione a Fiume.

Come finirà questo amore epistolare? Il tanto sospirato congedo arriva nel novembre del 1919, un anno dopo la fine della guerra: i soldati erano rimasti al fronte per “gestire” i prigionieri. Gabriele torna ma i genitori di lei prendono una posizione netta: Antonietta non sarà più libera di uscire fino a che Gabriele non troverà un lavoro e la sposerà. La corrispondenza tra i due viene intercettata dai parenti di lei ed Antonietta non può più fare un passo fuori di casa se non è seguita dalla madre o da Elide. La relazione invece di andare verso il matrimonio comincia a deteriorarsi fino a che il 3 settembre del 1921, Gabriele va con il calesse a prendere la sua Antonietta e la porta nella villa di famiglia, Villa del Fuoco, dove anche lo zio Gabriele D’Annunzio aveva passato i primi tempi dopo il suo matrimonio con la duchessa Maria di Gallese. Una fuga d’amore in piena regola, seguendo le orme dello zio (ma all’inverso): in questo caso la persona di buona famiglia era Gabriele e quella di umili origini Antonietta.

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