Emma Mirò non esiste. O meglio, esiste solo ed esclusivamente per proteggere un ragazzo che non ha ancora concluso il suo percorso di introspezione interiore, che lo porterà a capire di chi sia il cuore che batte nel suo corpo. In un mondo di incertezze, in cui non ci sono più le mezze stagioni, dove manca l’acqua, dove si stava meglio quando si stava peggio, una certezza c’è: che la mamma è sempre la mamma. Leggera ma allo stesso tempo intensa, la storia di Emma ci lascia un messaggio: puoi essere aperto quanto vuoi. Puoi combattere tutte le battaglie per i diritti delle minoranze di qualunque genere ma quando tocca a te, quando tocca davvero a te, allora il “politically correct” si fa da parte e rimane tanta sofferenza. E molto coraggio nel raccontarla.

Emma Mirò è uno pseudonimo ma quello che l’autrice racconta è tutto vero. Emma vive tra Milano e Torino. Dopo la separazione, ha un nuovo compagno che ama moltissimo e un figlio adolescente che è il suo orgoglio. Lo ha adottato quando aveva poco più di un anno. Lui, occhi a mandorla e pelle ambrata, è un ragazzo di una bellezza disarmante. Lo dicono tutti, non soltanto lei che è la sua mamma. All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, una sera d’estate ecco piombare il caos. Suo figlio le dice che lui in realtà è lei. Che si sente una ragazza dentro. La donna, orgogliosa paladina dei diritti di ogni minoranza al mondo, si sente morire. Perché lei un figlio transgender non lo aveva messo in conto. Lei voleva diventare nonna, un giorno. Voleva una vita normale. Con fatica – tanta – la donna prova a stare dietro alle montagne russe su cui questo figlio la trascina, con qualche alto e moltissimi bassi, alla scoperta di chi vive davvero dentro il corpo di questo ragazzo che arriva da lontano. Con un finale ancora da scrivere, perché la strada da fare è tanta. Ma ovunque porterà entrambi, al traguardo ci saranno due persone diverse da come erano partite all’inizio del viaggio.

Dalla introduzione: «Quello che leggerete in queste pagine è tutto vero. Tutto terribilmente vero. Purtroppo, mi sento di aggiungere. Perché se ci fosse stato lo zampino della fantasia o di uno spirito di narrazione particolarmente indomito le cose sarebbero state molto più semplici, per lo meno da vivere. Per me, ma soprattutto per Gioia Bella (che abbrevierò con GB per questioni di comodità), la creatura di cui sono la mamma, perché entrambi ci saremmo risparmiati una buona quantità di dolore e di struggimento. Tutto vero, dicevo. Proprio per questo ho scelto di usare uno pseudonimo per raccontare questa storia e ho omesso tutti i dettagli che ho ritenuto potessero concorrere a identificare me e quindi GB, che più di qualunque altra persona al mondo ha bisogno di essere protetto e tutelato. Fino a quando? E chi lo sa

Emma Mirò non esiste. Esiste invece una giornalista torinese trapiantata a Milano che scrive su alcuni dei più importanti periodici italiani. La storia che racconta è tutta vera.

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