Cinque mari si collegano a Mosca attraverso i suoi grandi fiumi che scorrono da nord a sud (solo gli affluenti laterali vanno da est ad ovest): il Mar Baltico, il Mar Nero, il Mar Caspio, il Mar Bianco (sopra la Siberia) e l’Oceano Pacifico. Persino New York si può raggiungere via acqua da Mosca sia da nord che da sud.

Partiamo dunque all’esplorazione della Via degli zar. Volo alle 6,35 da Fiumicino, arrivo a Monaco alle 8,10, colazione (otto euro per un caffè e un cornetto), volo Monaco–Mosca. Per il Visto ci ha pensato Giver che, da Genova, porta gli italiani a scoprire questa parte di mondo attraversando canali navigabili, laghi e fiumi.

Un tranquillo albergo galleggiante

 Arriviamo a Mosca alle 16. Un bus dedicato ai crocieristi Giver viene a prenderci per portarci al porto. Ecco la nave: si chiama come il compositore russo, Rachmaninov ed è stata inaugurata a maggio. Completamente ristrutturata ha cabine doppie rispetto a quelle standard per offrire un maggiore comfort. Bene, condizione ottimale per rilassarsi. Orientarsi è facile: a differenza delle grandi navi da crociera marittima, questa ha dimensioni più a misura d’uomo, perfetta per i turisti anche anziani e per quelli non abituati a viaggiare. Ha tre ponti, 104 cabine di cui 36 junior suite, un ristorante, due bar, una biblioteca con collegamento Internet. Il tempo di una doccia in cabina e siamo giunti all’ora di cena. Niente file chilometriche per il buffet, come avviene di solito sulle navi da crociera, ma tavoli fissi per una tranquilla cena a bordo nel ristorante tutto a vetrate. Il tempo sembra già rallentare, sono le 22 ed è ancora giorno.
Rossa e bella

Alle 8 il nostro bus ci aspetta fuori dalla nave per portarci nel centro di Mosca. Vladimir, la nostra guida, è davvero in gamba: ci racconta aneddoti, storia, attualità russa per farci entrare nell’anima del Paese. Scopriamo cosi una Russia profondamente religiosa, iniziamo a capire perché sembra che a nessuno qui interessi parlare inglese (compreso commesse e cameriere), troviamo un popolo non freddo ma gentile e romantico che non esita a scambiarsi tenerezze per strada (e anche un traffico niente male). Ci colpisce un modo in cui gli stranieri prendono in giro i russi: le cupole di Mosca, spiega Vladimir, simboleggiano l’animo umano ed è per questo che dicono che noi russi siamo “piagnoni”, perché abbiamo le cupole a cipolla! Per le strade, pulite ed ordinate, non ci sono venditori ambulanti e le donne portano i foulard di lana battuta a seconda dell’etnia di appartenenza. Vediamo la Krasnaja Ploschad’, la Piazza Rossa e scopriamo che, in russo, “Krasnaja” significa sia “rossa”, sia “bella”, e krasnaja è un complimento che viene rivolto alle ragazze.

Consigli utili

 La piazza è chiusa dalla meravigliosa chiesa di San Basilio che è il simbolo della vittoria contro i tartari di Ivan Il Terribile (che imparò ad essere terribile con i boiari cioè con i nobili che comandavano con la violenza a corte usurpando il suo potere di imperatore bambino, rimasto orfano a otto anni). Sulla Piazza Rossa – forse la più bella piazza al mondo – si trova il mausoleo di Lenin (anche se molti turisti sembrano non notarlo), il museo e i grandi Magazzini, ex di Stato, GUM. Decidiamo di entrare per comprare una scheda telefonica russa ed evitare i salassi delle compagnie telefoniche italiane: con soli 250 rubli (un rublo equivale a meno di 50 centesimi) abbiamo 4 giga di internet e telefonate nazionali. Telefonare da Mosca a San Pietroburgo è come chiamare dall’Italia alla Francia, esiste una sorta di roaming internazionale e quindi, dovendo attraversare molte città, incrociamo le dita e speriamo che la scheda funzioni anche in navigazione, almeno per la connessione dati.
Un pesante tributo di sangue

Prima di rientrare in nave per la cena, una visita alla bellissima cattedrale del Cristo Salvatore, con le sue famose icone. Il consiglio è di scendere le scale ed andare al piano inferiore, troverete una atmosfera fortemente mistica. La cattedrale si trova accanto alla zona più ricca della città, il cosiddetto Miglio d’oro (per il prezzo delle case). Dopo cena, la nostra guida Vladimir ci accompagna alla scoperta della metropolitana di Mosca: alcune stazioni sono davvero delle opere d’arte. Dal 1935 ad oggi sono aumentate diventando ben 187. Le indicazioni sono in cirillico ma la struttura dei collegamenti è semplice (ci sono dodici linee e basta munirsi di mappa per orientarsi anche se non si conosce il cirillico). Vladimir ci spiega che i padiglioni sono alti 2–300 metri ma per imbrogliare l’aviazione tedesca (dato che la metro era usata come rifugio antiaereo) non corrispondono esattamente alla metro di sotto. La fermata Dinamo, vicino all’omonimo stadio, ha due padiglioni per ricordare la classicità greca. Ci sono stazioni in tutti gli stili: dal liberty al classico al moresco militare come nel caso della stazione Kydckar. Un consiglio utile per orientarsi con gli annunci in russo: se la voce è maschile la metro va dal centro alla periferia, se è femminile va dalla periferia al centro. Prima di tornare alla nave, Vladimir ci porta nel distretto sud ovest (Mosca ha dieci distretti e 125 rioni), sulla Poklonnaja Gora, la Collina degli inchini, cosi chiamata perché la gente si inchina alla memoria dei caduti della Seconda Guerra Mondiale, ai quali è dedicato il grande Park Pobjedy, il Parco della Vittoria . L’impatto è impressionante: il contrasto con il buio della notte e il rosso dell’acqua scuote gli animi. Siamo alle “fontane rosse” che indicano con i loro getti sia la bandiera della Russia sovietica, sia il sangue versato dai suoi uomini. Rientriamo in nave, un salto in biblioteca a cercare qualche libro di storia russa: il desiderio di esplorare il Paese cresce di ora in ora. Opto per la biografia di Ivan Il Terribile, scritta da Henri Troyat.

Finalmente il Cremlino

 La mattina dopo altro giro in città. Il bus della Giver ci viene a prendere alla nave e ci porta su quella che anticamente era la collina Borovickij e che oggi è la collina del Cremlino, sulla riva destra della Moscova. Il Kreml’, in russo è la fortezza e il Cremlino è il cuore del potere. Protetto da 2235 metri di mura, fu residenza dei principi di Mosca dal 1264 fino all’assedio di Napoleone  nel 1812. Venti anni ci vollero poi per riparare i danni delle armate francesi, fino al 1836. Con le sue venti torri e le tre cattedrali (dell’Annunciazione, dell’Arcangelo Michele, dell’Assunzione), il Cremlino è patrimonio Unesco. Siamo un po’stanchi e cosi il nostro bus Giver ci accompagna ad esplorare il resto della città (immensa) comodamente seduti. Ecco i sette grattacieli a forma di “M”, il teatro, i parchi e infine arriviamo sulla Collina dei Passeri: qui si trova la famosa Università di Mosca, circondata dal verde, con accanto la casa per gli studenti e la casa per i professori. Prima di rientrare in nave arriviamo a vedere il Monastero di Novodievitchy, uno degli esempi più alti dell’architettura religiosa. Alle 17,30 si parte per Ouglich, inizia la crociera.
 I ritmi iniziano a essere profondamente nostri, si rallenta, la navigazione culla gli ospiti della Rachmaninov. È come stare dentro una grande matrioska galleggiante: questa nave cosi a misura d’uomo dà un gran senso di protezione e tranquillità e in due tre giorni ci si conosce già tutti, equipaggio e turisti. Ci sono coppie in pensione (in prima fila al mattino per le escursioni nonostante le serate in discoteca), fidanzati, gruppi di amici. Intorno alle 13 passiamo accanto al campanile di Kaljazin: è tutto quel che resta della chiesa della Santissima Trinità. La sua cattedrale è stata sommersa dal Volga dopo la costruzione della diga di Ouglich nel 1940. Il campanile, alto 70 metri, si è salvato insieme ad alcune case del XVIII secolo poste sulle colline più alte. Sembra un cigno solitario che canta la sua malinconia in mezzo alle acque che gli hanno inghiottito il nido.

Mentre la nostra Rachmaninov naviga nel canale di Mosca, Antonio De Bianchi, il direttore di crociera, ci riunisce nella sala da concerto per raccontarci la storia del più grande Paese del mondo (che ha anche raccolto in un libro utile da leggere in navigazione: “Incontro con la storia russa”). Per arrivare sul Volga dobbiamo superare 17 chiuse. Mentre mi sto rilassando sul ponte, immersa nel libro di storia russa, incontriamo la prima chiusa. Sono le 21 ma sembrano le 17 per la luce che abbiamo intorno. Si apre la paratoia a valle e viene immessa l’acqua fino a raggiungere il livello del fiume a monte. A questo punto si apre la paratoia a monte e cosi la nave esce dalla chiusa, con un dislivello di acqua che va dagli 8 al 16 metri. Il comandante ci consiglia in filodiffusione di non perdere la “Chiusa delle Caravelle”, così chiamata per i due velieri in bronzo sulle paratoie, dove passeremo verso mezzanotte.

Le città storiche

 Nel pomeriggio abbiamo visitato una delle più affascinanti cittadine della vecchia Russia e del famoso Anello d’Oro, ovvero un gruppo di città storiche situate a nordest di Mosca: Ouglich, fondata nel X secolo. L’immagine delle anziane signore che ci attendevano al porto per venderci lamponi e mazzi di fiori ritorna alla mente, insieme alla passeggiata fino alla chiesa di San Dimitri ed alla cattedrale della Trasfigurazione. Al reimbarco in nave, alle 19, è davvero rilassante riposarsi sul ponte, sdraiati sotto un sole che non brucia mentre la nave scivola sull’acqua, prima di cena. Al tavolo ci aspettano una crema di champignon, gulash all’ungherese e delizia di fragole. Comincia ad essere complicato capire che ora è: la luce del sole sembra non finire mai, alle 22,30 ancora il cielo è chiaro. Dopo cena lasciamo il canale di Mosca ed entriamo nel Volga.

Al mattino ci troviamo nel porto di Jaroslavl’, antica città russa fondata dal Principe Jaroslavl Il Saggio, famosa per gli affreschi delle sue chiese e per la sua posizione sul Volga, strategica dal punto di vista commerciale e una delle perle dell’anello d’oro. Il nostro bus ci aspetta per accompagnarci in questa nuova esplorazione. Nel parco centrale troviamo le matrioske per le Olimpiadi, un mercatino interessante per la frutta (dove compriamo lamponi e uva spina) e un centro pedonale. Il cuore architettonico della città (Patrimonio UNESCO) è la chiesa di Sant’Elia, della metà del XVII secolo. Ci imbarchiamo per andare in direzione inversa: dobbiamo tornare un poco indietro nel Volga per raggiungere, domani, Goritsy, un piccolo villaggio che si trova vicino al Lago Bianco. Nel frattempo, nella sala concerto iniziano le lezioni di cirillico con Beata che, con tanta pazienza, fa entrare i crocieristi nel meraviglioso mondo della lingua russa. Dopo pranzo, dormitina relax al sole, sul ponte della nave, tra la mia ormai appassionata lettura su Ivan Il terribile e le lezioni sul the russo.

La tragedia di un lago

 Al Volga, madre di tutti i fiumi (per i suoi 3.690 km di lunghezza, dalla Russia nord occidentale al Mar Caspio) i russi hanno dedicato una statua. Ci siamo già passati questa mattina, presto, e quindi ora ce la ritroviamo, intorno alle 19,30, alla sinistra della nave, subito dopo il passaggio nella chiusa numero undici di Rybinsk: è la statua della Matuska, con un gabbiano simbolo di libertà sul ginocchio sinistro. È il segno che stiamo per entrare in uno dei laghi artificiali più grandi al mondo (lungo 140 km e largo 60), il Rybinski, voluto da Stalin nel 1932: un progetto ambizioso per realizzare il canale Volga-Baltico, che navigheremo domani per andare ancora più a nord. Guardando l’acqua il pensiero va alle seicento città, borghi e villaggi ed ai quattromila ettari di terre coltivate che sono stati fatti allagare per realizzare il Rybinski… è triste pensare che sotto la nostra nave, in questo momento, ci sono case sommerse da decine di metri di acqua. E che dire della manodopera che ha realizzato tutto questo…? Furono i prigionieri e ne morivano cento al giorno. Mentre la nave scivola sulle acque che sovrastano borghi e villaggi, la Russia entra sempre più nei nostri cuori, accompagnata dal violino di Oleg Turchenko che disegna scie di note nel silenzio del fiume.

Al risveglio, la nostra Rachmaninov sta navigando sul lago Bianco, nella Russia europea, con una superficie di 1290 chilometri quadrati. Facciamo colazione davanti ai riflessi delicati delle acque, con musica di sottofondo, poi lezione di lingua russa al ponte superiore. Verso le 11.30 approdiamo a Goritzy. Con il bus passiamo lungo un parco nazionale popolato da orsi, simbolo della Russia. In questa cittadina Ivan Il terribile spedì due delle sue mogli, in un monastero femminile. Noi andiamo ad esplorare quello maschile: il Monastero di San Cirillo, attorno al quale si è sviluppata l’omonima cittadina con casette di legno a due piani (Caterina diede l’ordine di non costruire palazzi alti per non precludere la vista al monastero). Una volta ammirata l’iconostasi e gli affreschi del XVII secolo ci reimbarchiamo in direzione dei grandi laghi della Carelia, verso il lago Onega che ha una superficie di circa 9.610 km²; una vasta rete di canali che lo mettono in comunicazione con vari bacini sia marini che lacustri.

La piccola isola di Kiji e la grande chiesa della Trasfigurazione

                                                 La chiesa della Trasfigurazione sull’isola di Kiji

Cenare con il cielo bianco e il sole ancora alto è davvero particolare. È difficile decidere se restare a tavola a godersi pelmeni (in Russia i pelmeni hanno la stessa importanza e la stessa popolarità dei tortellini in Italia) e manzo allo Stroganoff o tornare sul ponte a fotografare l’uscita dal lago Bianco e l’ingresso nel canale del Volga, con evidente differenza nei colori dell’acqua. Il tempo è dalla nostra parte, fa caldo e i colori del tramonto sono incantevoli.

La mattina dopo attraversiamo il lago Onega ed arriviamo sulla piccola isola di Kiji, patrimonio Unesco. Troviamo chiese molto grandi perché costruite con i soldi dei contadini, desiderosi di vedere l’opera dalle finestre delle loro case ma anche dalle isole vicine (dato che non hanno chiese).
Impressionante è un particolare: la grande chiesa della Trasfigurazione è fatta senza chiodi. È un gioiello dell’architettura in legno del XVIII secolo conservata benissimo.
Un campanaro che dall’Ucraina ha deciso di venire a vivere qui con la sua famiglia ci dona qualche momento della sua arte mentre le note volano sull’acqua.

Nel cuore della Carelia
                                       Villaggio con le tipiche case contadine (isba) in legno

In serata ripartiamo per Mandroga navigando lungo il fiume Svir che collega i laghi Ladoga e Onega. Attraversiamo il cuore della Carelia, tra paesaggi di grande bellezza. Il direttore di crociera ci offre la sua ultima lezione di storia, da Lenin a ciò che sta accadendo ora in Ucraina. A bordo ci sono diversi membri dell’equipaggio ucraini. Mentre le loro case sono sotto i bombardamenti, loro sono qui a lavorare con grande professionalità: istintivamente sentiamo una grande forma di rispetto per queste persone che, nonostante abbiano la preoccupazione nel cuore, continuano a trasmettere serenità ai turisti in crociera.
Sbarchiamo a Mandroga, un villaggio di tipiche “isba” (case contadine) costruite con tronchi di albero. La sera, alla cena di fine crociera, il comandante della Rachmaninov, Jurij Mikailovich, fa con ognuno di noi un bellissimo brindisi augurale: che Dio vi sia accanto qualunque cosa facciate. È davvero pervaso di fede questo grande Paese ricco di chiese e monasteri sopravvissuti al comunismo

La europea San Pietroburgo voluta da Pietro Il Grande

San Pietroburgo, la città costruita sul delta della Nieva

Gli ultimi due giorni, con la nave ferma nel porto di San Pietroburgo, esploriamo la città fondata in un posto strategico, nel delta della Nieva, dallo zar Pietro Il Grande (era alto due metri, nonostante il suo 38 di piedi) per proteggere lo sbocco a nord.

Lo zar voleva una città in stile europeo e quindi, oltre a chiamare architetti e artisti europei, istituì una sorta di dazio: chiunque arrivava qui doveva portare una quantità di pietra per costruire le case.

Elisabetta I diede poi alla città lo stile barocco. San Pietroburgo è costellata di opere dell’architetto italiano Bartolomeo Francesco Rastrelli. I sanpietroburghesi dicono che le sue costruzioni sono bianche e azzurre perché era innamorato degli occhi azzurri della zarina.

La città, i suoi canali e l’immancabile visita all’Hermitage

Hermitage, interno del Palazzo d’Inverno

Visita obbligatoria all’Hermitage: non si può non andare, ma con la consapevolezza che non basterebbe un mese per goderselo in pieno. Tre milioni di opere d’arte, di cui 60mila esposte, divise in sei edifici: il Palazzo d’Inverno realizzato dall’architetto Bartolomeo Francesco Rastrelli, il Piccolo Ermitage (architetti Yuri Velten e Jean-Baptiste Vallin de la Mothe), il Vecchio Ermitage (Yuri Velten), il Nuovo Ermitage (architetto Leo von Klenze), il Teatro dell’Ermitage (architetto Giacomo Quarenghi) più Palazzo Menshikov, una succursale dell’Hermitage.
Come ha scritto il suo direttore, Michail Piotrovskij, il dato importante è che dopo la prima volta, la gente ci ritorna una seconda ed anche una terza perché sa di aver lasciato in sospeso qualcosa di molto importante da vivere.

Dopo una giornata di arte piena, Andrea Carraro (responsabile della Giver) ci porta a cena in un ristorante divino: Tsar, in Sadovaya st. dove ci abbandoniamo all’esplorazione della cucina russa di alta qualità (e scopriamo anche i dolci nati sotto i vari zar).

L’ultimo giorno ci dedichiamo ad esplorare San Pietroburgo lungo i suoi canali: ha 22 ponti, tredici dei quali si aprono per far passare le navi.
Infine, cullati dalla nostra Rachmaninov, ci addormentiamo davanti alle luci di San Pietroburgo. Domani lasceremo la nave che per dieci giorni è stata la nostra casa: si ritorna in Italia.

Anna Maria De Luca

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