“Mi sazio di infinito e volo oltre le stelle”. In questa pillola è condensato tutto l’ultimo libro di poesie di Gianni Cristofani, Pensieri Scalzi. Sessant’anni di pubblicazioni alle spalle, per la gran parte poesia, ma anche qualche romanzo come La sala degli ottoni (1990), I Masnadieri dell’aurora (1994), La fontana di valle Salce (2002).

“La realtà è che il mio scrivere serve solo a me stesso e nasce dall’esigenza di mettere a nudo i miei sentimenti, le mie emozioni per auto psicanalizzarmi specialmente nei momenti più difficili della mia esistenza”, scrive l’autore. Ma noi non siamo d’accordo: questa nuova raccolta, che segue “A piedi nudi”, dimostra che la poesia di Cristofani non serve solo a chi la scrive ma serve anche a noi che la leggiamo. Soprattutto dopo questi due anni di covid, cantare l’amore per la vita, per la natura, la devozione al mistero infinito della trascendenza è un dono che l’autore fa ad ognuno di noi.

La seconda parte del libro è fatta di pillole di pensieri scalzi (da dove abbiamo tratto l’apertura di questo articolo): frasi in rima appuntate durante lo scorrere delle giornate. “Siamo tutti in una gabbia di idee, dopo il tramonto evadiamo nei sogni per ancora essere prigionieri domani delle piccolezze di noi essere umani”, e ancora: “nella notte c’è il travaglio ed i sogni son l’abbaglio della vita in bianco e nero come i colori del destriero su cui cavalca il mio pensiero”, “Laggiù verso Ponente come ostia incandescente si inabissa la gran stella che si dona una vita bella”.

Non manca una vena di nostalgia, nella quale molti non faranno fatica ad identificarsi: “superata la soglia dei 70 anni si avverte la netta sensazione di aver perso l’iniziale ispirazione, avvertendo quasi l’esaurirsi degli argomenti da mettere sulla pagina scritta”, scrive nella prefazione. E ancora una volta non siamo d’accordo: l’età non è un fatto anagrafico, è una questione di anima, di testa e di cuore. Con “Pensieri scalzi – spiega a www.classtravel.it – ho voluto dare voce alla mia anima stanca, alla mia mente confusa, alle fisime dell’uomo che invecchia, mi voglio mettere a nudo, stendere al sole i panni come faceva mia madre con il bucato sull’aia di casa, un lenzuolo che dondola al vento sotto il sole d’agosto e spara luce riflessa su un pulcino che si trascina nell’erba al seguito della chioccia”.

Delicati passaggi “degli ulivi stamattina il pianto era gocce di rugiada stanca che lente toccano la terra orfana dell’acqua dell’estate, così al risveglio ho calpestato bagnati figli di ingiallita erba e peli bianchi dell’amico cane che segue il mio primo andare…” portano di nuovo alla questione dell’età, che ritorna spesso tra i pensieri dell’autore “… sono gli odori del novembre nascosto nel fondo della memoria che si fa di nuovo testimone di un’età sofferta e mai accettata”. Ed è proprio questa età sofferta e mai accettata il leitmotiv di questa raccolta di poesie. In “visione”, scrive: “nei sogni e nei ricordi sovente mi trastullo quando rivedo i bordi del mio viso fanciullo”. Non manca l’umorismo di scene casalinghe serali: “Scatto rubato da Natascia, ormai sono computer dipendente, la voglia di scrivere lascia la mia signora molto indifferente. Lei non legge i versi del poeta, si limita a contare le adesioni quasi io devo andare a meta con le mie poetiche pubblicazioni. Anche stasera di getto, sono venuti questi quattro versi da postare con la speranza che il ciel mi aiuti a proseguire senza mai inciampare”.

Non manca l’appello alla luna: “…Fai salire in me l’alta marea quella che bagna la scogliera, che spumeggia alla tua luce che illumina il mio sentire insieme al suono dell’onda che assorbe i crucci dell’anima senza dare alcuna risposta alla falange dei miei perché”. E si aprono qui le domande senza risposta: “anche la mia ombra si fa sagoma in terra rivelando ogni forma dei miei astrusi pensieri, delle mie pie illusioni e delle domande che salgono prepotenti ogni sera per restare senza risposta…” e poi, il silenzio: “Del silenzio ho udito la voce in una notte di luna calante sul crinale di lecci ondeggianti dove lumeggia l’aurora nascente” .


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