di Anna Maria De Luca

Sta per chiudersi la bellissima mostra organizzata al Philadelphia Museum of Art per far luce sul superamento della crisi che Matisse visse a sessant’anni, avvenuto nel 1930 grazie alla richiesta audace di Albert Barnes, fondatore della Barnes Foundation, di realizzare un dipinto per la sua casa di Merion. All’epoca Matisse si trovava negli States perchè era giurato nell’ Esposizione Internazionale Carnegie di Pittsburgh ed era quasi un anno che non riusciva più a dipingere. E così, Matisse accettò, per 30 mila dollari, la proposta di Barnes e il suo flusso creativo si riavviò.

La mostra si chiama Matisse in the 1930s, curata da Matthew Affron, Muriel e Philip Berman Curator of Modern Art al Philadelphia Museum of Art; Cécile Debray, presidente del Musée National Picasso-Paris; e Claudine Grammont, direttrice del Musée Matisse di Nizza. Un lavoro sinergico che è riuscito a mettere in mostra, tra i capolavori, “Large Reclining Nude” (1935), “Woman in Blue” (1937) e “Le Chant” (1938) che una volta si trovava a Manhattan, sopra il camino di Rockefeller.

Un’occasione unica, una rara opportunità di sperimentare lo stesso processo attraverso il quale l’artista francese generò un approccio e una prospettiva creativa straordinariamente nuovi nell’ultima parte della sua carriera. La mostra ripercorre la produzione drammaticamente rivitalizzata – un potente rinnovamento – che seguì alla movimentata visita di Matisse a Filadelfia nel 1930.

Organizzata in collaborazione con il Musée de l’Orangerie di Parigi e il Musée Matisse di Nizza, la mostra presenta 143 opere, tratte da collezioni pubbliche e private negli Stati Uniti e in Europa, spaziando da dipinti e sculture famosi e raramente visti, a disegni e stampe, a libri illustrati. La mostra affronta i metodi di lavoro che hanno rinvigorito lo stile di Matisse durante questo periodo, così come le sue interpretazioni moderne di temi mitologici dell’antichità e le sue raffigurazioni di modelle femminili nello studio, tra cui la sua musa e assistente di studio Lydia Delectorskaya. Conterrà anche rare fotografie documentarie e film.

Nel 1930, Henri Matisse (1869-1954) aveva raggiunto una notevole fama internazionale, apparendo persino sulla copertina della rivista Time, eppure si trovò in una crisi creativa profondamente preoccupante. Una dozzina di anni prima aveva trasferito la sua base operativa da Parigi a Nizza. Lì si era concentrato sul tema delle modelle femminili in allestimenti di studio riccamente decorati immersi nella luce invariabile e cristallina del Mediterraneo.

Di fronte alla seduzione di quel corpus di opere, alcuni critici si sono chiesti se Matisse, che era stato una forza così radicale nella pittura moderna, avesse perso il suo lato sperimentale. Verso la fine degli anni ’20, lo stesso Matisse aveva sviluppato dei ripensamenti e per un paio d’anni non produsse quasi nessun nuovo dipinto. La svolta avvenne nell’autunno del 1930, quando l’artista visitò la Barnes Foundation nei sobborghi di Filadelfia e ricevette l’incarico per un murale in tre parti, The Dance.

Matisse usò questa commissione per trasformare il suo lavoro. Successivamente, tornò alla pittura da cavalletto con nuove procedure e un nuovo approccio. Iniziò così a utilizzare sistematicamente la fotografia per documentare il processo cumulativo di costruzione dei suoi motivi e per testare le proprie reazioni mentre procedeva. Iniziò anche a utilizzare carte tagliate precolorate per pianificare le sue composizioni; questa procedura lo ha portato lontano dall’illusione della modellazione e dello spazio profondo e verso uno stile di toni piatti e forme audaci che hanno dato alle sue composizioni degli anni ’30 un nuovo impatto.

La mostra Matisse negli anni ’30, si svolge cronologicamente e tematicamente con un prologo seguito da cinque sezioni principali e un epilogo incentrato su una nuova svolta nella vita dell’artista.

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