Il dolore, l’immaginazione e la letteratura come cura
C’è un dolore che non si dimentica, un’assenza che resta a lungo con noi, anche quando non ne parliamo più. Ma esiste anche un modo per attraversarlo: la letteratura. Ed è proprio questo il filo sottile e struggente che tiene insieme “Tre gatti. Un ragazzo”, il nuovo libro di Pierluigi Vuillermin (CN/Oligo, 148 pagine, 15 euro), in uscita a giugno in libreria.
Un’opera fatta di quaranta racconti brevi, scritti con delicatezza e profondità, dove convivono riflessione esistenziale, leggerezza narrativa e immagini oniriche. Vuillermin parte dalla sua esperienza personale – la perdita del padre – per aprirsi a una meditazione universale sul senso della mancanza, della crescita e della resilienza.
Gatti, fantasie e piccole guarigioni
I protagonisti sono tre gatti – Bento, Sirio e Chat-Badà – e un ragazzo di nome Piero, che ha perso il padre e passa le giornate tra solitudine e fantasia. Ma questi gatti non sono solo animali domestici: sono compagni, guide, alter ego. Un po’ reali, un po’ immaginari, prendono Piero sotto la loro ala e lo trascinano nel mondo, come se l’amicizia potesse lenire il dolore e la meraviglia potesse riempire i vuoti.
Le loro storie non sono eroiche. Sono frammenti di vita quotidiana, divagazioni dolci e malinconiche, raccontate in una prosa che mescola il tono dell’apologo alla riflessione filosofica, senza mai appesantire. Ogni racconto è una finestra aperta su un’emozione trattenuta, un lampo di significato nel grigiore dell’assenza.
La letteratura come argine
Come lo stesso autore confessa, la chiave di lettura del libro è “Dolore e ragione” di Iosif Brodskij, da cui trae ispirazione: quando il dolore non trova risposta, resta la possibilità di raccontarlo, dargli forma, domesticarlo con la parola. In questo senso, Tre gatti. Un ragazzo è anche una dichiarazione d’amore alla letteratura stessa, come luogo dove elaborare il lutto e cercare – se non risposte – almeno domande migliori.
Un piccolo libro necessario
Pierluigi Vuillermin, insegnante di storia e filosofia ad Aosta, torna alla narrativa dopo i precedenti Palanka (2012) e Come una pietra che cade (2020), confermando una voce discreta ma intensa nel panorama italiano. Il suo nuovo libro è perfetto per chi ama le storie brevi che parlano piano ma arrivano lontano, per chi ha perso qualcosa o qualcuno e cerca conforto nella parola scritta, per chi crede ancora che fantasia e pensiero siano alleati nel cammino verso l’accettazione.
Con “Tre gatti. Un ragazzo”, Vuillermin firma un atto di resistenza gentile alla sofferenza, capace di ricordarci che a volte i fantasmi del passato si lasciano andare anche solo scrivendoli. O leggendoli.